Passeggiando per Mestre, un mercoledì sera

Non si tratta di animare la città con eventi, ma di riportare un certo tipo di residenti stabili che possano nutrire la vita quotidiana della comunità

Mattia Esposito

Un concerto a Verona diventa l’occasione per riflettere sul presente (e sul futuro) di Mestre. Un confronto spontaneo, senza polemiche, ma con il desiderio sincero di vedere rinascere una città dalle potenzialità straordinarie. Mercoledì sera sono andato a Verona per assistere a Viva Vivaldi - The Four Seasons Immersive Concert, ideato dal veneziano Marco Balich. Non parlerò del concerto, che semplicemente è un’opera immersiva di rara potenza visiva ed emotiva, intendo piuttosto parlare delle riflessioni che ho fatto passeggiando per la città che lo ospitava.

Verona, anche in una tranquilla serata infrasettimanale, si è mostrata viva, pulita, curata, accogliente e stimolante: strade e vicoli affollati, turisti e residenti mescolati in un'atmosfera vibrante, locali animati, negozi aperti. Una città che sembra funzionare, capace di far sentire chiunque parte di un ecosistema urbano armonioso. Almeno in superficie, perché sappiamo bene che anche Verona ha i suoi problemi e le sue criticità.

E allora sorge spontaneo il parallelismo: cosa trovo se faccio due passi, lo stesso mercoledì sera, nella città di Balich e nella mia, ovvero a Venezia o, ancora più direttamente, a Mestre?

Com’è possibile che a solo un’oretta di auto di distanza ci si imbatta in due realtà così diverse? Da una parte un centro vivo (sebbene sicuramente anch’esso con le sue criticità), dall’altra un centro desertificato, dove puoi camminare per lunghi tratti incontrando solo loschi figuri e persone bisognose di aiuto, spesso tra “negozi etnici”, locali malfrequentati e saracinesche abbassate. Eppure, se ci pensiamo, Venezia e Mestre hanno persino più potenzialità di Verona.

Il centro storico lagunare è una delle meraviglie culturali ed architettoniche del mondo, non serve dirlo; la terraferma offre preziosi spazi funzionali (dal Parco San Giuliano a Forte Marghera, dal Centro Candiani al Complesso del M9, passando per Ca’ Mestre); abbiamo un aeroporto internazionale, uno dei porti più importanti d’Italia, l’alta velocità ferroviaria, ottime istituzioni universitarie e strutture sanitarie eccellenti; Marghera dispone di zone industriali strategiche; ospitiamo eventi internazionali di altissimo livello (Biennale e Mostra del Cinema); siamo nel centro di un patrimonio culturale e naturalistico straordinariamente vario che offre opportunità incredibili a portata di mano (borghi storici, mare e spiagge, montagne, colline, lagune e barene, centri termali, darsene da diporto, percorsi ciclabili, varietà enogastronomiche…).
E allora? Perché la nostra città non appare viva e vegeta?

Lo era! Non parliamo di secoli fa. Ricordo solo una ventina d’anni fa, quando ero all’università… Gli amici dei miei genitori venivano da fuori provincia per fare shopping a Mestre. I miei amici dei paesi della cintura urbana consideravano un privilegio poter vivere in centro. I colleghi studenti di Padova venivano a fare le vasche in una Piazza Ferretto affollata, dove per passare davanti al Calice (per chi ha vissuto quegli anni non serve spiegare cos’era) si doveva sgomitare e non si poteva fare a meno di incontrare amici e facce note. Ora sembra tutto svanito. Com’è stato possibile dilapidare un capitale urbano e sociale tanto ricco?

Non mi interessa fare polemica o cercare colpe. Credo sia più utile proporre visioni. Da semplice comune cittadino, vedo una priorità: attrarre e trattenere imprese, istituzioni, realtà professionali capaci di creare occupazione stabile e di qualità. Perché, se il tessuto economico si basa solo su turismo e cantieristica navale (attività spesso legate a lavori a basso valore aggiunto, stagionali o poco qualificati), la città non prospera: si svuota e appassisce. Cosa accadrà quando le ultime poche grandi imprese presenti nel territorio (non serve menzionarle) si trasferiranno – come fa gran parte dei nostri giovani – a Milano (per citare solo la meta più vicina e più frequente delle nostre emigrazioni)?

Serve una strategia seria, di lungo termine, per contribuire a popolare Venezia e Mestre di “bella gente”, di persone che vivano la città, che la rendano di nuovo vitale frequentando locali, partecipando agli eventi culturali, comprando nei negozi, sentendosi parte di una comunità. Da questo naturalmente e spontaneamente ripartirà la rigenerazione urbana e comunitaria della città.

Le potenzialità ci sono tutte, serve una visione condivisa che porti ad un percorso chiaro di medio-lungo termine. Non si tratta di animare la città con eventi, ma di riportare un certo tipo di residenti stabili che possano nutrire la vita quotidiana della comunità.

Non è un proposito facile e ci sono ostacoli reali: il problema della residenzialità (ormai per una famiglia è quasi impossibile trovare un appartamento in affitto), la percezione della sicurezza nelle strade, la competizione dei centri commerciali periferici che drenano avventori dal centro, la viabilità e i parcheggi, i rischi del cosiddetto overtourism e molto altro ancora. Ma Venezia, città unica al mondo, ha il dovere di pretendere una classe dirigente capace di affrontare questa sfida.

 

 

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