I Business Center di Mestre, la sfida del layout prêt-à-porter

I nuovi ambienti modulari rispondono alle esigenze del presente. Andrebbe coltivata l’ambizione di fare della città un laboratorio urbano per il lavoro del futuro

Ilaria Muzzatti

Nel cuore di una trasformazione epocale del mondo del lavoro, i business center si trovano davanti ad una sfida cruciale: reinventarsi attraverso un layout “prêt-à-porter”, capace di rispondere alle esigenze di un’economia sempre più digitale e disintermediata. Il classico ufficio fisso, con pareti, scrivanie assegnate e contratti di lungo periodo, non risponde più al ritmo fluido delle nuove professioni, né alla mobilità che la tecnologia ha reso possibile e necessaria.

Oggi, le aziende — dalle startup ai grandi gruppi — cercano luoghi di lavoro “elastici”, in grado di adattarsi in tempo reale alle fluttuazioni dei team, ai progetti temporanei e a una nuova concezione di presenza fisica. Non si tratta più di “avere un ufficio”, ma di accedere a spazi performanti dove poter generare valore, collaborare e innovare in modo immediato, senza barriere burocratiche o architettoniche.

Il layout prêt-à-porter si fonda proprio su questo principio: ambienti modulari, già pronti all’uso, configurabili secondo necessità, dove tecnologia, comfort e design si intrecciano per favorire produttività e benessere. Questi spazi rispondono a una logica contrattuale agile: niente più vincoli pluriennali, ma formule flessibili che permettono a professionisti e aziende di occupare uno spazio “on demand”, come si affitta un servizio, più che un immobile.

Questa evoluzione non è solo una moda, ma una risposta sistemica a un mondo del lavoro che ha perso il concetto di sede fissa. Il digitale ha reso tutto più distribuito: i team sono remoti, i clienti internazionali, i progetti cross-funzionali. Ma il bisogno di ritrovarsi fisicamente in alcuni momenti chiave rimane — ed è lì che il business center si trasforma in hub strategico, capace di ospitare riunioni, brainstorming, eventi e momenti decisionali.

In questo scenario si inserisce l’esperienza concreta e pionieristica attivata sulla città di Mestre da varie aziende attive già dai primi anni post 2010, che hanno saputo anticipare questa trasformazione attraverso progetti innovativi ed in ciascuna delle realtà direzionali attivate, la visione è chiara: creare spazi vivi, versatili e a misura di professionista, capaci di combinare flessibilità, estetica e servizi all’avanguardia.

Mestre emerge così non solo come sfondo di questi progetti, ma come vero e proprio laboratorio urbano del lavoro del futuro. La città, ben collegata a Venezia, agli aeroporti e ai principali snodi logistici del Nordest, sta vivendo una fase di rigenerazione in cui cultura, innovazione e imprenditorialità si fondono. Mestre è attrattiva per aziende in cerca di costi competitivi rispetto alle metropoli, ma che vogliono comunque qualità urbana, visibilità e connessioni internazionali. È una città concreta, accessibile, dove il business center può diventare un catalizzatore di talenti e relazioni.

Una piattaforma

Il risultato? Non solo spazi fisici, ma una piattaforma per il lavoro del futuro, dove le persone e le aziende si sganciano dalla quantificazione dei metri quadri, cercando esperienze spazio/tempo pronte all’uso. Un nuovo paradigma che sta già ispirando altri operatori del settore italiani, europei e mondiali e che mostra come, con visione e coraggio, sia possibile salvare (e rilanciare) il lavoro nell’era digitale.

Mestre in questo mercato risulta competitiva e la riqualificazione di alcune aree - in particolare quella della stazione - sono collegate indubbiamente al traffico di aziende e belle persone che solo un luogo business può spostare ed attrarre in quantità numerica considerevole. Più aumenta il traffico positivo e più si allontana quello negativo che attanaglia da sempre le zone più in ombra della città. La sfida del futuro? Far entrare i business center all'interno di un panorama collettivo riconosciuto in funzione di accelerazione d'impresa e sostenuto da associazioni e istituzioni per favorirne lo sviluppo in particolare in zone che ad oggi stanno ricercando una nuova identità in complessi sia pubblici che privati.

 

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