L’esempio della Biennale di Gedda e qualche idea per Venezia
Tornare ad esplorare la spiritualità nell’arte contemporanea, evidenziando il profondo legame che intercorre tra identità, tradizione. "E tutto quello che sta nel mezzo"

Si dice che Venezia sia la più antica città del futuro, ma in alcune parti del mondo non solo si stanno costruendo, ma si stanno già vivendo oggi futuri alternativi e credibili, partendo proprio da alcuni dei punti di forza della città lagunare: l’arte, il turismo e la cultura tra tutti.
Nei paesi arabi gli investimenti per ripensare città intere stanno diventando stupefacenti e un evento in particolare sta emergendo con forza sulla scena internazionale: stiamo parlando della Biennale di Gedda, in Arabia Saudita, a cui hanno lavorato anche gli studi italiani Giò Forma Architects e Black Engineering. In pochi anni questa manifestazione ha raggiunto numeri sorprendenti: la prima edizione nel 2023 chiuse con 600 mila visitatori. Per fare un paragone, la 60° edizione veneziana, nel 2024, ha staccato 700 mila biglietti.
La seconda edizione 2025, appena terminata, non solo punta a superare la storica kermesse veneziana ma si stima sia già arrivata alla cifra monstre di un milione di presenze.
Cosa sta succedendo?
La Biennale di Gedda ha fatto una scelta artistica precisa, quella di evidenziare il profondo legame che intercorre tra l’arte e la spiritualità, l’identità e la tradizione. L’esposizione è infatti intrisa di riferimenti alla cultura islamica, alla storia dell’Arabia Saudita e ai valori della trascendenza e di una comunità unita nella fede. I padiglioni espositivi diventano così non solo contenitori di opere, ma veri e propri luoghi di riflessione, dove il design degli spazi e le installazioni artistiche dialogano con la storia e la fede.
La Biennale di Venezia, mantiene una straordinaria capacità di innovare, ma si è sempre più orientata verso temi universalisti e liquidi. La differenza è evidente fino dai titoli: se per Venezia l’ultima edizione si è intitolata “Stranieri Ovunque – Foreigns Everywhere”, quella di Gedda ha adottato il motto “And all that is in between”, una sintesi poetica di concetti più volte ripresi nel Corano, "E Dio creò i cieli e la terra e tutto ciò che è nel mezzo", un versetto che racchiude la portata della creazione di Dio, così come viene sperimentata dall'umanità.
La Biennale di Gedda 2025, ospitata in cinque sale espositive e spazi esterni, ha presentato oltre 500 opere, tra manufatti storici e creazioni contemporanee, dove “Tutto quello che sta nel mezzo”, assume un significato contemporaneo e inedito di connessione di idee, nuovi futuri possibili e – perché no - costruzioni alternative della società.
Tra le opere più interessanti “Magnetism” di Ahmed Mater, dove La Mecca è un magnete al centro di una limatura di ferro, in “pellegrinaggio” verso il suo centro. A tenere alta la bandiera dell’Italia ci ha pensato l’unico artista italiano presente, il vicentino Arcangelo Sassolino, che ha presentato “Memory of becoming”, un disco nero rotante di otto metri ricoperto di olio industriale derivato dal petrolio. Un'opera che sembra riflettere sull'instabilità e sul passaggio del tempo, con l'olio che incarna il cambiamento e il continuo divenire. "Memory of Becoming" è stata posizionata - non a caso - accanto alla cornice d'argento della Pietra Nera della Ka’ba, un artefatto religioso di immenso valore spirituale nell'Islam, situato alla Mecca, il principale luogo della religione islamica, in cui arrivano milioni di pellegrini l’anno, gran parte dei quali transitando proprio da Gedda.
Non si tratta quindi di replicare un modello (Venezia è e sarà sempre un esempio per tutto il mondo) ma di riscoprire il genius loci della Serenissima, che per secoli è stata la città più ad Oriente del mondo occidentale. L’arte contemporanea ha sicuramente il compito di stimolare il pensiero critico e dare voce alle istanze sociali, ma crediamo abbia anche l’urgenza di toccare l’anima, parlando di emozioni profonde a un pubblico globale. Le installazioni non devono essere per forza solo uno specchio della realtà – o meglio, di una parte di essa - ma anche un mezzo per evocare sentimenti più alti, in sintonia con una spiritualità da riscoprire in “tutte le cose che stanno nel mezzo” al nostro complesso, veloce e frammentato mondo contemporaneo.
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