«Qui si sta bene perché c’è Luciano». Eraclea, la “pax” mafiosa che piaceva a molti

ERACLEA. Il retroscena. «Luciano, ma quelli hanno visto che noi non abbiamo mai fatto del male a nessuno. Noi abbiamo fatto sempre del bene in quel paese di merda. Ci abbiamo rimesso i soldi in quel paese di merda. Ci vogliono bene tutti quanti. Noi i soldi li abbiamo presi da Casale (Casal di Principe, terra d’origine dei Casalesi in provincia di Caserta, ndr)e li abbiamo spesi a Venezia. Non è che siamo venuti a Venezia per fare i soldi». Raffaele Buonanno è, assieme a Luciano Donadio, ai vertici dell’organizzazione casalese padrona di Eraclea così come scardinata dalla maxi inchiesta della Procura di Venezia. Una organizzazione capace di imporre, nella località del litorale, una sorta di “pax” sociale ricorrendo alle modalità mafiose per mantenere il controllo. Tutto nel nome dei «Casalesi di Eraclea», diventato una sorta di marchio di fabbrica.
«Ampia condivisione». Estorsioni, usura, minacce, illeciti finanziari, rapine, sequestri di persona: questi alcuni degli strumenti utilizzati. «Le dinamiche criminali del sodalizio capeggiato da Donadio trovano ampia condivisione in una parte della popolazione locale che sembra apprezzare le modalità con le quali viene mantenuto l’ordine pubblico all’interno del circondario di Eraclea», scrive la Guardia di Finanza nella sua informativa del 2017. «Noi dobbiamo ringraziare a tuo papà se a Eraclea stiamo tranquilli», dice un barista ad Adriano Donadio, figlio di Luciano. «Io lo dico sempre alle persone», aggiunge l’altro figlio, Claudio, «Quando le persone dicono i mafiosi... Io dico noi a Eraclea abbiamo un Don... Perché se non succedono casini è grazie a lui».
Pacieri a modo loro. L’organizzazione casalese è talmente referenziata che è chiamata anche a dirimere contrasti tra gruppi criminali dediti al traffico di stupefacenti. Succede a Jesolo, dove si scontrano una banda di albanesi e una di italiani. Il capo degli albanesi viene convocato a Eraclea da Donadio, a cui si era rivolto il referente degli italiani. Scrive la gip Marta Paccagnella nell’ordinanza che «Donadio e Giacomo Fabozzi (nipote e guardiaspalle di Donadio, anch’egli in carcere, ndr) impongono una composizione attribuendo la ragione all’italiano, vietando qualsiasi ritorsione da parte degli albanesi».Quando c’è qualche problema, c’è anche la parola magica: «Appartengo a Luciano di Eraclea». Un lasciapassare che risolve sul nascere ogni questione.
Concorrenza vietata. L’egemonia dell’organizzazione si riflette anche sulla pretesa di impedire la nascita di attività economiche che farebbero concorrenza con quelle già esistenti, gestite da persone legate ai Casalesi. È il caso del centro scommesse di Eraclea, sequestrato nel blitz di martedì. Quello in piazza Garibaldi è intestato ad Adriano Donadio. Ma Emanuele Zamuner, intermediario politico tra Luciano Donadio ed il sindaco Mirco Mestre, ha in progetto di aprire una sala giochi. «Io gliel’ho detto bello chiaro. “Se qualcuno apre una cosa del genere, gli do fuoco», commenta Luciano, «Se vuoi fare un punto Snai pure tu, vuole dire che tu vuoi venire a distruggere me. Automaticamente modi per distruggere ce ne stanno un mare».
«Non fare quelle cose». «Quelli in riferimento a me non le devono fare queste cose... Perché sennò qua ci rovinano i figli, mogli, famiglie... Roviniamo tutto. Sai che significa dire che i Casalesi non hanno più lavoro e che adesso mandano a rubare nelle villette...». Luciano Donadio è lapidario con il nipote Fabozzi: i “suoi” non devono sporcarsi le mani con certe azioni. E così stronca l’intenzione dello stesso Fabozzi di assaltare un negozio.
La figuraccia. Mantenere l’immagine dello stretto controllo del territorio preoccupa i vertici. Alcune imprese riconducibili al clan erano state sfrattate dai capannoni dove si svolgevano anche le riunioni del gruppo. Donadio e Buonanno sono preoccupati per il calo d’immagine. Lo è in particolare Buonanno, che dopo anni ad Eraclea è tornato a Casal di Principe e si sfoga con Donadio: «Anche se non ci sono più, le persone sanno sempre che sono insieme a te. Automaticamente la figura l’ho fatta anche io insieme a te».
Ben informati. Il sodalizio gode di canali informativi di qualità in relazione allo svolgimento delle indagini a carico dei componenti. Dall’imprenditore Samuele Faè (finito in carcere), Luciano Donadio apprende di essere indagato. E al nipote confida: «Qualcuno è andato a testimoniare... e ha detto che comandavo tutto io... Ti faccio vedere... Terzo... Hai capì?». Roberto Terzo è il pm veneziano che per anni ha indagato sui Casalesi a Eraclea, arrivando ai 50 arresti all’alba di martedì. —
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