L’arresto di Maniero, la sicurezza a Marghera Mirco in pensione dopo una vita in Polizia

il racconto
Va in pensione anche l’ultimo dei poliziotti che ha bloccato, letteralmente parlando, il latitante Felice Maniero e la compagna Marta Bisello.
Mirco Favaron va in pensione da sostituto commissario della Polizia di Stato. Ha iniziato a servire lo Stato nel 1985, quando riuscì a fare il servizio di leva con il corpo diventato da poco civile. «Non volevo pesare sulla famiglia, per cui provai con la Polizia. Del resto, quando ho potuto, anche durante il periodo degli studi, ho lavorato per essere indipendente».
Mirco poi è rimasto in Polizia e, dopo i primi anni passati al Reparto Celere di Padova – era consuetudine per chi era appena entrato – viene assegnato alla Questura di Venezia. Se finisce a fare il poliziotto quasi per caso, Mirco questo lavoro lo interpreta consapevole che non è un mestiere come un altro. Assegnato alla Squadra Mobile, è impiegato nella sezione staccata di Mestre. Non esistono orari e la sua casa è soprattutto il Veneto Orientale, terra di nessuno. Anche perché non c’era ancora la Compagnia Carabinieri di San Donà e i fratelli Maritan con i loro soci dettavano legge. «È stata un’esperienza unica. Ho lavorato con colleghi bravi e preparati come Totò Lippiello e Fabio Zocco, per citarne alcuni».
Erano gli anni della lotta alla Mala del Brenta. E lui c’è sempre stato. C’era anche a Torino, quel 12 novembre 1994, per l’ultimo shopping del latitante Felice Maniero. «Il dottor Zonno, che coordinava l’operazione, fin dal mattino aveva fatto uscire solo gli equipaggi di Torino e della Criminalpol. Non voleva che Maniero si accorgesse di facce conosciute, come quelle nostre di Venezia e Padova. Ma per tutta la giornata i colleghi non riuscirono a individuarlo», racconta Favaron. «Alle 16 Zonno decide di far uscire noi e i padovani. Io sono in auto con Michele Festa e Pippo alla guida. Con Michele scendiamo in viale XX Settembre e ci appostiamo dietro alle vetrate di un cinema. Possiamo, così, vedere chi passa sul marciapiede. Una decina di minuti ed ecco Maniero con Marta. Lo riconosciamo, anche se ha i capelli raccolti e il bavero alzato. Usciamo e mentre io mi butto su Mara, sono piccolo e quindi la sua altezza è più adatta alla mia, Michele affronta Maniero che aveva già alzato le mani. L’unica cosa che ha detto in quel momento è stata: “E che c..., come avete fatto?”. Poi è storia nota».
La Mobile è un grande amore, ma famiglia e figli chiedono altrettanta attenzione. E dopo 12 anni cambia specialità e accetta l’offerta di Vincenzo Ciarrambino, fresco dirigente della Digos, nel seguirlo. Dopo l’ “apprendistato”, si occupa del pianeta lavoro. Ore, giorni e giorni a gestire proteste e manifestazioni, in uno dei periodi più caldi di Porto Marghera: lo smantellamento della chimica. «Vado in pensione con un rammarico: non vedere realizzato quello che politici e amministratori avevano promesso. Io ho un ricordo bello di tanti operai con alcuni dei quali, ancora oggi, ci troviamo a bere il caffè. Un ringraziamento lo devo ai sindacati. Se ho fatto bene il mio lavoro è anche grazie alla loro collaborazione». —
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