La Mestre ferita da 41 bombardamenti in sessanta foto inedite

Quarantuno bombardamenti dal 1940 al 1945 che hanno distrutto Mestre e Marghera, compresa la zona industriale, lasciandosi dietro anche una scia di ordigni inesplosi, il cui rinvenimento 75 anni dopo continua a condizionare le nostre vite. È davvero interessante andare in questi giorni all’ex chiesetta di Forte Marghera per rendersi conto della devastazione prodotta dai bombardamenti ma anche di come era ed è cambiata la città.
La mostra “1940-45: Mestre ferita”, curata da Umberto Zane, propone una sessantina di immagini (spesso inedite), corredate da schede illustrative, che ripercorrono i cinque anni di guerra, le distruzioni, la paura, la fame, i patimenti, vissuti in città. In mostra ci sono le foto inedite che documentano i danni dei bombardamenti dell’ufficio Urbanistica del Comune ma ci sono anche le foto di fondi privati, da quello di Busetto a quello della famiglia Furlan (i gestori dei cinema di Mestre). Si vedono i rifugi anti-aereo che erano stati allestiti anche in pieno centro tra l’attuale piazza Ferretto e piazzale Donatori di Sangue. Si vede la cisterna dell’acquedotto, simbolo di Marghera, resistere ai bombardamenti che hanno devastato l’area attorno a ridosso della città giardino. Ci sono le bambine di allora che vanno a cercare tra le macerie di casa una bambola abbandonata nella fuga. Ci sono le enormi nuvole nere che si levano dalla zona industriale di Marghera e dalla raffineria. Ci sono i volti dei mestrini di allora e i racconti dei nonni, oggi tutti over 80 con i loro ricordi. Un rullino, recuperato 75 anni dopo la Liberazione dalla famiglia Furlan mostra anche l’assalto, dopo il 25 aprile, alla sede del fascio in piazza, dove oggi opera invece da decenni l’hotel Vivit. Storie del nostro passato che è bene recuperare e conoscere oggi. Per la seconda volta in un anno un pezzo di città verrà evacuata per qualche ora per far brillare una delle grosse bombe inesplose della Seconda guerra Mondiale. Un passato che ritorna, come la paura di “Pippo”, il nome dato ad uno dei grossi aerei che le sganciavano, e che è entrato nell’immaginario collettivo dei nostri nonni. La mostra sarà aperta sino al 2 novembre, dal mercoledì alla domenica, con orario 10-18, ed è a ingresso libero. —
MITIA CHIARIN
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