Sanguineti, sfratto in arrivo: il giallo dell’assicurazione

Il caso a Castello. Nessuna regolarizzazione negli ultimi anni per gli otto nuclei familiari residenti. Demanio e Comune non hanno ricevuto progetti di valorizzazione

Eugenio Pendolini
Una commissione all’interno dell’ex caserma Sanguineti
Una commissione all’interno dell’ex caserma Sanguineti

Si preannunciano settimane incandescenti per il futuro dell’ex Caserma Sanguineti, a Castello. Dopo la lettera del Demanio con l’ingiunzione si sfratto entro 180 giorni, mercoledì in Comune è in programma una conferenza stampa in cui saranno presenti i residenti del complesso storico in cui saranno esposte tutte le preoccupazioni e le incongruenze vissute in questi anni.

Nel frattempo, però, emergono ulteriori dettagli sui motivi per cui la situazione è precipitata nelle ultime settimane. La divergenza dei punti di vista tra Demanio e residenti, tuttavia, è palpabile. Ed è destinata a finire nuovamente al centro delle polemiche.

Come detto, secondo l’Agenzia le condizioni fatiscenti dell’immobile avrebbero infatti reso improrogabile lo sgombero degli otto nuclei familiari, comunicato per altro già da tempo ai residenti e al legale che li rappresenta. Oltretutto, a sentire il Demanio il tentativo – ormai avviato tre anni fa – di regolarizzare gli inquilini non sarebbe andato a buon fine.

Il motivo? La mancata stipula di una polizza assicurativa richiesta dai vertici locali del Demanio per tutelarsi da eventuali danni a cose o persone viste le condizioni precarie dell’immobile. Qui emerge il primo attrito con i residenti, secondo i quali, pur avendo all’epoca dato la propria disponibilità, il compito di trovare un’assicurazione non sarebbe spettato a loro bensì all’Agenzia stessa.

Sta di fatto che negli ultimi due anni, la situazione di stallo si è (nuovamente) cristallizzata, portando così inevitabilmente alla lettera di sfratto. Già perché una delle ultime puntate di questa intricata vicenda era stata scritta a fine marzo 2023, con l’audizione in commissione comunale del direttore regionale del Demanio, Massimo Gambardella.

In quell’occasione era stata confermata la trattativa in corso per assicurare una concessione di sci anni alle otto famiglie ancora residenti nel complesso di San Pietro di Castello. Di più, in una lettera inviata agli stessi inquilini era stato riconosciuto il titolo, seppur informale, delle otto famiglie discendenti degli «originari assegnatari», profughi giuliani sistemati nel dopoguerra dentro il complesso.

Era stato poi precisato che il loro status non era mai stato equiparato ad un uso abusivo dell’immobile, tant’è che gli «occupanti hanno sempre regolarmente corrisposto gli indennizzi extra-contrattuali richiesti via via dall’amministrazione».

Nel 2004 si era addirittura resa necessaria una perizia per l’applicazione dell’equo canone. Il titolo non era mai stato formalizzato in quanto il Comune, in passato, aveva manifestato più volte all’Agenzia il proprio interesse a recuperare l’ex caserma. I progetti, però, non si sono mai concretizzati.

Da ultimo, quello del gruppo francese Artea con un investimento stimato in 26 milioni di euro per realizzarci una foresteria con spazi congressuali e di coworking. La proposta però, dopo le proteste e le mobilitazioni, è decaduta.

E ora? Al momento, né al Comune né al Demanio risultano nuove proposte concrete in grado di recuperare e rivitalizzare il complesso. Di certo c’è che per essere messo sul mercato, il complesso dovrà essere liberato.

La stessa Agenzia, del resto, ha pubblicato online un annuncio in cui spiega di essersi attivata per liberarlo ai fini della sua vendita. Resta da capire quale sarà, invece, il futuro degli abitanti dell’ex caserma.

L’Agenzia ha informato della situazione gli uffici delle politiche sociali del Comune di Venezia. L’obiettivo è di trovare una sistemazione dignitosa e in tempi rapidi.

Nel frattempo, però, la cittadinanza è pronta a mobilitarsi nuovamente. Per il 17 giugno è stata convocata un’assemblea in sala San Leonardo.

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