Gallerie, il monumento torna a vivere

Il cortile e la Scala ovata di Palladio. Il Tablino con le colonne rinascimentali e l’abside gotica. La parte “moderna” e quella ristrutturata da Gian Antonio Selva ai primi dell’Ottocento. Un mix di capolavori e di stili architettonici diversi che adesso torna a vivere grazie a un restauro di pregio, finalmente concluso. Si inaugurano dopodomani, mercoledì, le nuove Gallerie dell’Accademia. Una pinacoteca storica adesso ampliata e rinnovata fino a farne uno dei musei antichi «più moderni del mondo». Ultimi ritocchi al grande cantiere, che chiude i battenti dopo otto anni di lavori. Mercoledì alle 15,30 l’apertura alla presenza del sindaco e del ministro dei Beni culturali.
Le Gallerie hanno cambiato volto. Restaurate le murature, messe al riparo le opere con un sistema di climatizzazione e luci all’avanguardia. Ma, soprattutto, recuperato la vera grande opera che le ospita: il convento gotico della Carità e gli spazi quattrocenteschi, il cortile palladiano e il “tablino” dei frati lateranensi, anche questo ideato da Andrea Palladio agli inizi del Cinquecento. E poi la parte del Selva, la sistemazione di Carlo Scarpa nel Novecento. Meraviglie nascoste e in parte danneggiate da interventi degli anni Settanta che sono state così riportate alla vita. Il piano terra, circa seimila metri quadrati, ospitava l’Accademia di Belle Arti, trasferita adesso all’ex convento degli Incurabili alle Zattere, anch’esso restaurato. L’abside era coperta da tramezzi, le architetture nascoste e in parte compromesse. Il lungo restauro coordinato da Renata Codello, direttore dei lavori e soprintendente ai Beni architettonici, consente oggi di rileggere l’intero monumento. «L’obiettivo», racconta l’architetto nel controllare gli ultimi dettagli, «era proprio di consentire la rilettura di un complesso prezioso formato da stili diversi, in alcuni casi opere che da due secoli non erano visibili come il cortile. E insieme rinnovare le Gallerie, elevandole a uno standard museale internazionale».
Il progetto di Tobia Scarpa ha dunque in qualche modo “armonizzato” ambienti assolutamente diversi, consentendo oggi oltre all’ampliamento delle superfici espositive un percorso architettonico e culturale unico al mondo. La nuova entrata è ora nella Sala delle colonne quattrocentesca. Da qui si accederà ai nuovi spazi espositivi del piano terra, rendendo anche visibile sullo fondo la bellissima scala ovata, fino a ieri chiusa e utilizzata come uscita di servizio. «La più bella scala a chiocciola del mondo», la definiva Goethe, «tanto che non ci si stancherebbe mai di salirla e scenderla». Riaperte anche le porte antiche che erano state murate, e l’intero secondo piano, chiuso per secoli, rifatta la pavimentazione del cortile palladiano: la facciata è famosa perché unisce nei tre piani i tre ordini architettonici dorico, ionico e corinzio, come descritto nel trattato dei “Quattro Libri dell’Architettura”. La nuova pavimentazione progettata da Scarpa con materiali tradizionali consente lo scarico delle acque e soprattutto ha “liberato” dal vecchio pavimento i tre gradini che erano stati interrati. I muri in mattoni del piano terra, ripuliti, sono ricoperti da uno strato di latte di calce con polvere di marmo.
Punto di eccellenza del nuovo museo è la tecnologia degli impianti. Faretti a luce fredda con dentro un sistema per controllare i “raggi parassiti”, cioè i riflessi anomali, e fornire un’illuminazione più possibile vicina a quella del sole. Climatizzazione computerizzata, con impianti per la desalazione con le macchine inserite in pannelli - sotto uno scalino nel Tablino, per non intervenire nell’architettura originaria - una centrale termica nel sottosuolo di quasi mille metri quadrati, che ha lasciato inalterato l’aspetto del cortile.
E infine la nuova scala interna con corrimano in acciaio, che consente adesso l’accesso dal nuovo piano terra alla parte storica delle Gallerie ai piani superiori. Un intervento che lancia le Gallerie nel panoramama dei primissimi musei mondiali. Non soltanto per l’eccellenza delle opere, ma anche del luogo che le ospita.
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