«Fermiamo queste stragi. Noi da vent’anni in prima fila per aumentare la sicurezza»
Pierina Guerra è la coordinatrice dell’Associazione italiana familiari vittime della strada. «Oltre ai morti, 5 mila invalidi gravi ogni anno»

VENEZIA. «È un dramma quello lungo le strade del Veneto, una carneficina di vite, spesso giovani, una mattanza ed è indegno morire così. Un Paese civile deve porre fine a queste tragedie». Parole di Pierina Guerra, coordinatrice regionale dell’Associazione italiana familiari vittime della strada, che ha scritto al governatore Luca Zaia, chiedendo nuove azioni su questo fenomeno.
Come ha reagito agli ultimi incidenti?
«Vedo ancora sangue insopportabile da accettare, un dolore senza fine con giovani vite spezzate, e un costo pagato per non aver saputo fornire strumenti atti a garantire la vita».
Cosa si deve fare?
«Fermare questa strage ormai quotidiane sulle nostre strade è oggi in gran parte possibile con prevenzione e sensibilizzazione. La vita è un bene prezioso e da difendere».
Stragi che portano con sé immenso dolore per le famiglie.
«Il nostro dolore si unisce a quello dei genitori e familiari che in questi giorni hanno perso ciò che di più caro hanno al mondo, i propri figli e parenti. Nessun genitore dovrebbe sopravvivere alla morte di un figlio. È una sofferenza che condizionerà per sempre la propria vita».
Cosa fa la vostra associazione?
«Porta a testimonianza il nostro dolore, e stringiamo in un abbraccio solidale i familiari per l’insopportabile sofferenza, e perché sia questo una forza necessaria per un cambiamento che coinvolga tutta la società».
Da quanto siete al lavoro?
«L’Aifvs nasce nel 1998 con il preciso obiettivo di fermare la strage stradale e dare giustizia ai superstiti, perché nessuno meglio di chi sulla strada ha perso la salute o un familiare, può testimoniare quanto grave sia il lutto e la perdita per la famiglia e la società. Vite spezzate, speranze di vita annullate, famiglie senza respiro alle quali si è gelato il sangue».
Quindi il vostro impegno lo sentite come un dovere?
«Esatto, vogliamo portare testimonianza affinché la stessa sorte non tocchi ad altri innocenti. Con tenacia abbiamo portato avanti una attività di volontariato a 360 gradi, con una presenza radicata su tutto il territorio italiano, battendoci con forza sul piano legislativo con proposte di modifiche al Codice della Strada. Nostra la battaglia sull’obbligo delle cinture di sicurezza, del casco, dei seggiolini, di estendere l’incremento delle pene per chi guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe, per la guida pericolosa. Pene inasprite per i pirati della strada, l’introduzione del reato di omicidio stradale, l’accelerare le cause civili e penali di omicidi e lesioni colpose gravissime e per l’attuazione della patente a punti e il patentino per i minorenni alla guida del ciclomotore».
Incidenti che hanno pure un costo sociale enorme.
«Oltre alla morte va considerata l’invalidità: quasi mille casi l’anno di emiplagia e tetraplagia, giovani e meno giovani destinati a vivere permanentemente in carrozzina o allo stato vegetale. Oltre 5000 casi l’anno di grave invalidità relativi ad altri eventi traumatici. Il tutto con costi sanitari e sociali enormi».
C’è ancora molto da fare?
«Sì. Ci stiamo battendo per rendere obbligatorio, come da decisione della Commissione europea, l’obbligo da parte delle case automobilistiche di puntare sulla sicurezza adottando le auto di apparecchi elettronici salvavita come l’alcol interlok. Sono speciali etilometri installati nel veicolo e collegati alla centralina del motore. Si soffia nel tubicino e, se il livello dell’alcol nel sangue è elevato, l’auto non parte». —
Simone Bianchi
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