Escort con il Pos a San Donà, facoltoso cliente spendeva 20 mila euro al mese

Coccolato dagli arrestati anche perchè aveva contatti con agenti di polizia. Chi prenotava “l’infermiera” e chi “la badante”.  E poi c'è lo zio che regala la serata al nipote che ha compiuto 18 anni
DE POLO - TOMMASELLA - SAN DONA' - IL LOCALE "ARABESQUE" CHIUSO
DE POLO - TOMMASELLA - SAN DONA' - IL LOCALE "ARABESQUE" CHIUSO

SAN DONA'. C’era il cliente settantenne che chiedeva «la badante» e quello che prenotava «l’infermiera, per un ferito da curare». C’era la ragazza che se ne stava tornando in Romania - «ha perso la testa....ha un moroso» - e poi quella che tutti volevano perché bellissima, ma che ormai li mandava a quel paese quando non ne poteva più. E gli affari ne risentivano. Lo zio che regala una notte all’Arabesque al nipotino neo 18enne. C’è il noto imprenditore nel settore alimentari e il figlio di albergatori jesolani. Poi gli habituée che chiedono lo sconto: 170 in contanti, 180 con il bancomat. E la prostituta che si lamenta perché il cliente ubriaco ha preso sonno e chiede di essere pagata per il tempo perso.

San Donà. Le escort con il Pos. Parlano i clienti


E poi c’è il cliente capace di spendere 20 mila euro al mese tra donne, cene e champagne, da coccolare-e-spennare, ma anche prezioso per alcune sue amicizie nelle forze dell’ordine. Perché quando la notte del 13 febbraio 2019 gli agenti della Questura hanno fatto irruzione contemporaneamente all’Arabesque di San Donà di Piave e al Game Over di Quarto - i due night-bordello amministrati (secondo la Procura) dai fratelli jesolani Matteo e Federico Vendramello e dalla rumena Melania Hojila Mihaela, con l’aiuto del sandonatese Lorenzo Borga e del portogruarese Ugo “Piero” Bozza - i manager della prostituzione si preoccupano, sì, ma non tanto da chiudere i battenti.

Vogliono capire che stia succedendo: quel controllo contemporaneo li insospettisce e così chiedono aiuto al loro cliente d’oro, G.T. Ma gli affari non si fermano.

«Neppure il controllo di polizia amministrativa ha dissuaso gli indagati dalla prosecuzione dell’attività delittuosa», scrive il gip David Calabria, nell’ordinanza con la quale ha accolto le richieste di misure cautelari avanzate dalla pm Federica Baccaglini, «anzi è emerso che gli indagati, per tramite della mediazione di T.G., possono sfruttare solidi contatti con appartenenti alle forze di Polizia, che (...) non hanno esitato ad attivare per acquisire informazioni. Immediatamente informato dagli indagati di quanto stava accadendo, T. si è subito attivato per conoscere chi fossero gli agenti impegnati nell’attività ispettiva e, quindi, ha contattato un agente di polizia per avere informazioni. Contatti che - ingenerando in capo agli indagati una sorta di “senso di sicurezza” - concorrono a corroborarne la ferma determinazione criminosa», organizzata secondo «modalità imprenditoriali», aggiunge il giudice.

Una vera e propria «attività commerciale», la loro. Le ragazze reclutate in Svizzera, Austria, Europa dell’Est - «a riprova della professionalità, del livello imprenditoriale dell’attività», scrive il gip Calabria - al lavoro sia nei privée dei locali sia a casa dei clienti. 150 euro ogni mezz’ora: 100 alle giovani che si prostituivano 50 agli organizzatori che distribuiscono le prenotazioni, elencano le prestazioni, organizzano i turni di riposo delle ragazze (fino alla pillola di Cialis passata al cliente giù di forma), secondo quanto ricostruito dall’indagine. 4-500 euro per due ore a domicilio: sempre con la macchinetta del Pos dietro, perché i clienti erano pronti a pagare anche con bancomat e carta di credito. Sono decine e decine le intercettazioni telefoniche allegate alla misura cautelare , nelle quali gli indagati parlano apertamente dell’attività di prostituzione.

Ieri, giornata di interrogatori di garanzia in Tribunale, per gli arrestati: Matteo e Federico Vendramello (il primo con l’avvocato Rodolfo Marigonda, il secondo difeso dall’avvocato Pietro Speranzoni) si sono detti disponibili a rispondere alle domande del pm: entrambi in carcere, sperano nei domiciliari. Si è avvalsa invece della facoltà di non rispondere Melania Hojila (legale rappresentante dei sue locali, difesa dall’avvocato Giorgio Pietramala): incinta, è autorizzata ad uscire per andare dal medico. Lorenzo Borga (difeso dall’avvocato Igor Zornetta) ha fatto le prime ammissioni, spiegando che l’attività proseguiva, tra sospensioni e riprese, dal 2004. —


 

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