San Donà. Le escort con il Pos. Parlano i clienti

Imprenditori e professionisti frequentatori dei night chiusi. Il racconto: pochi controlli, stavamo con le ragazze sui divanetti

La storia.

Tutti sapevano, mai nessuno si era lamentato. Il giro di prostituzione gestito dai fratelli Vendramello di Jesolo, Matteo e Federico, ora agli arresti per sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, con altre cinque persone ai domiciliari, era molto ampio, anche oltre i confini del Veneziano.

I locali notturni, a Quarto d’Altino il “Game Over” e l’ “Arabesque” di San Donà, erano molto conosciuti negli ambienti più trasgressivi della notte. Chi voleva divertirsi conosceva l’indirizzo in zona. Da Jesolo partivano macchinate di amici, direzione Quarto d’Altino, ma anche dal Sandonatese. Oppure si restava nel basso Piave all’Arabesque che esalava un profumo esotico di piacere e trasgressione.

Massima discrezione quando le porte si chiudevano. Apparentemente non poteva accadere nulla di pericoloso e da anni le cose andavano avanti in questo modo. Bastava suonare e una videocamera era puntata all’ingresso. Il tesseramento al club non era così tassativo, e se arrivavano amici e conoscenti, magari accompagnando qualche altro amico interessato, le porte si aprivano senza tanti problemi. Luce soffusa, aria pungente e melensa, bellezze discinte che camminavano tranquillamente quasi fossero a casa loro. Donne sensuali e dalle curve mozzafiato, amazzoni con costumini fluorescenti, tacco 12 o stivaloni di pelle ad esaltare le lnghe gambe di silfidi.

A San Donà, poi, l’Arabesque è in una zona tranquilla, con la possibilità di parcheggiare lontano da occhi indiscreti. E la notte, essendo un immobile con tanti uffici, non c’era nessuno che potesse impicciarsi dei fatti degli altri.

Ora la Lega a San Donà, con il segretario Alberto Schibuola, plaude alle indagini della squadra mobile contro lo sfruttamento: «Basta ipocrisia, è il momento di regolamentare in modo seria la prostituzione». Anche il sindaco, Andrea Cereser, ha censurato questi luoghi e i loro frequentatori, preoccupato per la deriva di giovani e meno giovani, ma soprattutto per la vita di donne che diventano merce non sempre per propria volontà.

Ma chi frequentava i locali, e anche una consistente parte dell’opinione pubblica, non si è particolarmente scandalizzata. Nei bar di San Donà la battuta è sempre la stessa: «Nessuno faceva del male o causava problemi, da secoli è così e sempre sarà». C’erano facoltosi imprenditori, anche operai, titolari di attività commerciali, operai tra i clienti più affezionati, oltre duecento, da quanto emerso dalle indagini della Squadra Mobile di Venezia.

CARRAI - INAUGURAZIONE LE CHIK. CARRAI - INAUGURAZIONE LE CHIK.
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«Bastava suonare», ricorda un frequentatore, 30enne commerciante di Jesolo, «c’era la videocamera che ti riprendeva e non serviva farsi la tessera. La maggior parte sceglieva una delle tante ragazze, una cinquantina tra i due locali. C’erano dei camerini, oppure divanetti appartati, addirittura con delle finte siepi a San Donà. Con 150 euro andavi con una delle ragazza che ballavano senza troppi vestiti la lap dance. Il tempo di stare un po’ assieme intimamente. Nulla di così eclatante o terribile. I soldi li davi alle ragazze".

"Poi c’erano altre possibilità, anche in alberghi di Jesolo dove si partiva da Quarto d’Altino. Allora si pagava di più, anche 500 euro. Fin qui tutti pagavano in contanti per non avere problemi. So che altri le facevano arrivare direttamente a casa e pagavano più di 1.000 euro anche con il Pos che indicava poi un pagamento a un club con poche indicazioni per non avere nulla da spiegare nell’estratto conto della carta di credito. Insomma, il mestiere più antico del mondo».

C’era poi chi organizzava feste private o goliardici addii al celibato, niente di meglio di questi locali bui e lontani da occhi indiscreti, ma soprattutto con tanta allegra compagnia femminile a disposizione. —


 

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