Cedesi attività, resa del commercio per turisti Persi 150 milioni di euro d’incasso in sei mesi

il racconto
Manuela Pivato
Negozi chiusi, che non riapriranno più, o che, se lo faranno, sarà con un’altra partita Iva, altra merce, altri inquilini. Cartelli di affittasi, cedesi, vendesi, affissi su vetrine oscurate da fogli di carta da pacco, sono comparsi ovunque, da San Polo alla Strada Nuova, da calle dei Fabbri a San Lio, a dimostrazione di una crisi post Covid-19 che per alcuni è senza speranza.
i negozi
Aziende già in difficoltà, di fronte a tre mesi di incassi azzerati (ma di spese come affitti e bollette che hanno continuato a correre) e alla prospettiva di un’estate con pochi turisti, hanno chiuso per sempre mentre le altre, pur nell’incertezza, riaprivano. Negozi di dolciumi, di intimo, di cibo da asporto, occhiali, ma soprattutto di souvenir, maschere, chincaglieria, hanno alzato bandiera bianca. Senza liquidità da parte per andare avanti fino alla ripresa, c’è chi ha preferito ritirarsi subito, qualcuno addirittura a febbraio, poco prima dell’emergenza, lasciando una scia di vetrine spente.
i souvenir
«La situazione è disastrosa, i negozi che hanno riaperto stanno lavorando pochissimo», dice il presidente dell’Ascom, Roberto Magliocco, «in molti casi, come nei souvenir, l’incasso è pari a zero. Si potrà andare avanti con la cassa integrazione ancora un po’, ma non per sempre. E allora sarà durissima». Secondo l’Ascom, il mancato incasso dei primi sei mesi del 2020 per i suoi mille associati è mediamente di 150 mila euro ad azienda, tra chi fattura molto e chi invece ha un fatturato molto ridotto. Il risultato della moltiplicazione arriva a 150 milioni di euro.
a san polo
L’onda lunga dell’acqua alta del 12 novembre scorso, il Carnevale ridimensionato e poi il lockdown, la ripresa lenta e faticosa hanno impedito ad alcune aziende persino di riprovare ad aprire. Accade a San Polo dove tra calle de la Madoneta e campiello dei Meloni, è una sfilza di vetrine buie: dal negozio di giocattoli ai piedi del ponte alla bottega di caramelle, da quella di souvenir e quella di magliette e gadget.
a san lio
Come il virus, anche la crisi è trasversale e non guarda la tabella merceologica. A San Lio, ad esempio, sono rimasti chiusi per sempre un negozio di calze e costumi da bagno, un altro di dolciumi, alcune botteghe di chincaglieria, tutti vicini.
vendesi
Stesso discorso al sotoportego della Bissa, dove sono comparsi alcuni cartelli di affittasi. Chiudono anche i negozi di occhiali, come l’outlet aperto pochi mesi fa a San Salvador. «Sicuramente il 10% dei negozi che ha chiuso non riaprirà non la stessa partita Iva», dice ancora Magliocco , «il punto è che sarà veramente difficile vendere perché nessuno comprerà. I più colpiti saranno i negozi di souvenir e quelli di vetri, comprese anche grosse vetrerie di Murano».
i residenti
Oltre alla crisi dei turisti, c’è anche quella dei residenti i quali, lavorando meno, hanno minor capacità d’acquisto. Così, nonostante il commercio sia ripreso il 18 maggio scorso e i confini tra le regioni siano caduti il 3 giugno, un negozio su due ancora non ha riaperto.
le borse cinesi
A restare chiusi sono soprattutto i negozi per i turisti (borse cinesi in testa) mentre quelli di abbigliamento e calzature hanno ripreso nella quasi totalità la loro attività, confidando sull’arrivo degli stranieri da metà giugno in poi. —
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