Caso Damo, il dirigente sapeva

Jesolo. L’ucraina aveva riferito al capo del commissariato il comportamento del poliziotto arrestato
Di Giorgio Cecchetti

JESOLO. Nel 2010, Maria, la donna ucraina che il sovrintendente del commissariato di Jesolo cercava di costringere a pagare 1500 euro per ottenere il permesso di soggiorno, si era presentata negli uffici della Polizia del centro balneare per denunciare quello che le stava accadendo. Aveva parlato con un ispettore il quale, quando aveva saputo che le accuse riguardavano un collega, le aveva spiegato che doveva tornare il giorno dopo per parlare con il dirigente del commissariato, che allora era Mario Argenio, prima a capo del Commissariato di Venezia centro storico e ora a Roma a seguito del questore Fulvio Della Rocca in qualità di suo portavoce.

Nell’ordinanza di custodia cautelare per Damo, già arrestato in estate per corruzione e poi scarcerato, ora di nuovo finito in carcere per tentata concussione e lesioni, si legge che Maria tornò in commissariato e parlò con il dottor Argenio, riferendo le molestie che il poliziotto le aveva fatto.

«Non risulta agli atti», si legge nel documento, «l’esistenza di documentazione comprovante una successiva formalizzazione». Insomma, la stessa ucraina ha poi spiegato che non aveva voluto firmare una denuncia-querela. Aveva riferito che aveva una relazione con Damo e dopo che l’aveva lasciato era andato per ben tre volte sotto la casa dove lavorava come badante, tanto che poi l’avevano licenziata.

Inoltre la chiamava spesso al cellulare: lei se n’era andata perchè lui le chiedeva soldi e una volta gli aveva anche dato 300 euro. Inoltre, pretendeva rapporti sessuali particolari, tanto che era rimasta ferita e aveva dovuto ricorrere alle cure dei medici dell’ospedale, che le avevano giudicata guaribile in 40 giorni. Si è decisa a raccontare anche il resto della sua storia quando ha visto, questa estate, la foto di Damo sul giornale sotto l’articolo che riferiva del suo arresto. E allora ha riferito che lui prima l’avrebbe minacciata, dicendole «stai nei guai» senza permesso di soggiorno e aggiungendo poi «basta pagare e si mette tutto a posto».

Damo, pochi giorni dopo il primo arresto aveva confessato di essersi fatto pagare dai 100 ai 200 euro per accelerare una cinquantina di pratiche per il permesso di soggiorno di altrettanti stranieri. Così, venti giorni dopo essere finito in carcere aveva ottenuto gli arresti domiciliari. L’ordinanza di custodia cautelare, ora, sottolinea che il poliziotto ha tenuto invece ben nascosto il suo rapporto con la donna ucraina ed è per questo che è finito di nuovo in manette con la più pesante accusa di tentata concussione. Il pubblico ministero Stefano Buccini, che ha coordinato le indagini svolte dalla Squadra mobile, aveva chiesto di contestare a Damo e a quattro cittadini bengalesi, da tempo residenti a Jesolo e che ora sono indagati per corruzione, anche il pesante reato di associazione per delinquere, ma per il giudice Alberto Scaramuzza, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, non c’erano sufficienti elementi per contestare questa accusa. Il poliziotto, comunque, in concorso con i quattro bengalesi, sospettati di essere coloro che facevano da tramite tra Damo e i cittadini stranieri che chiedevano il permesso di soggiorno, deve rispondere di ben 200 episodi di corruzione per essersi fatto consegnare dai 100 ai 200 euro per accelerare le pratiche di chi versava la tangente. Damo verrà interrogato nei prossimi giorni.

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