Caso Borriello, la Procura dispone altri accertamenti

PORTOGRUARO. Restano ancora un mistero le cause della morte del 29enne di Portogruaro Stefano Borriello, deceduto il 7 agosto scorso per arresto cardiocircolatorio in ospedale. Un’ora prima, era stato colto da malore in carcere e soccorso dagli infermieri in servizio, che avevano attuato la rianimazione cardiopolmonare fino all’arrivo dell’ambulanza del 118. Poi le sue condizioni erano irreversibilmente peggiorate. In questi mesi il perito incaricato dalla magistratura pordenonese (il fascicolo è affidato al sostituto procuratore Matteo Campagnaro) ha continuato il lavoro di stesura dell’elaborato. Un iter che è andato al di là del semplice approfondimento autoptico e tossicologico. Un lavoro peritale complesso, al punto da richiedere tempi più lunghi del previsto. Ieri il consulente tecnico e il magistrato hanno fatto il punto della situazione e secondo quanto si è potuto apprendere la soluzione del mistero non è ancora vicina. Gli esami fin qui svolti non stati ritenuti, infatti, sufficienti a fornire una ricostruzione completa dell’accaduto e delle cause del decesso. Servirà invece un ulteriore accertamento tecnico di natura medica. Un’esigenza manifestata ieri dal consulente e a fronte della quale il sostituto procuratore Campagnaro ha concesso il placet. Insomma, nuova e decisiva tranche di approfondimenti.
«Voglio sapere la verità su ciò che è successo a mio figlio. La vicenda di Stefano non deve essere dimenticata. Chiedo che si faccia finalmente chiarezza». Era stato l’appello lanciato lo scorso 24 novembre tramite il proprio avvocato, Daniela Lizzi, da Laura Gattai, la madre di Stefano, che era finito in carcere perchè, secondo i carabinieri di Portogruraro, era implicato nella rapina del 28 aprile, in cui venne ferito un ultraottantenne. Nei giorni precedenti al decesso Borriello si era rivolto anche a un prete, consegnandogli delle poesie.
Il sostituto procuratore Campagnaro ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti. A fine novembre sul caso era intervenuto il direttore del carcere, Alberto Quagliotto, in merito alla presunta assenza del defibrillatore e alla tempistica del servizio medico nel carcere, questioni sollevate dal difensore civico dell'associazione Antigone. Il defibrillatore c'era e «fu prontamente applicato al paziente» afferma Quagliotto. «Il defibrillatore in dotazione, di ultima generazione, è perfettamente funzionante ed è sottoposto a verifiche quotidiane. Per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, pur non essendoci una copertura su 24 ore, l'Azienda sanitaria garantisce la presenza del medico tutte le mattine e i pomeriggi e la copertura infermieristica fino alle 21.30. A prestare i primi soccorsi al detenuto furono due infermieri». (pi.ta.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia