Anche Pellestrina avrà il suo santo. Don Olinto Marella sarà Beato

Nato nell’isola nel 1882 sarà proclamato domenica prossima in piazza Maggiore a Bologna dall’arcivescovo Zuppi 

il ricordo

Pellestrina giubila. Don Olinto Marella, sacerdote nato a Pellestrina nel 1882 e morto a San Lazzaro di Savena il 1969, sarà proclamato Beato domenica 4 ottobre, alle 16, in Piazza Maggiore a Bologna dall’arcivescovo Zuppi. Mille saranno i presenti. Tra questi l’ingegnere veneziano Pierpaolo Campostrini, procuratore di San Marco, con alcuni cugini del ramo paterno Vianello Vissere originari di Pellestrina.

Così esordisce Campostrini: «Per la nostra famiglia è sempre stato un santo, ora lo è anche per la Chiesa Cattolica. Posso dire di conoscere personalmente don Olinto, da sempre. Sono nato nel 1960 e sono stato battezzato da lui. Nel 1958 celebrò le nozze dei miei genitori nella Basilica dei Frari. Nel 1967 fu presente alla mia comunione e cresima».

Infinito è l’affetto di Campostrini per il Beato. Di don Olinto che aveva il papà medico, pioniere del trattamento elioterapico, rievoca aneddoti singolari legati alla famiglia: «Mia nonna Maria Vianello Vissere e sua cugina erano maestre. Nel tempo libero aiutavano don Olinto».

Ordinato sacerdote nel 1904 creò a Pellestrina il ricreatorio popolare e la scuola per l’infanzia Vittorino da Feltre. «Fu accusato di modernismo. Formò classi miste, ragazze e ragazzi insieme», prosegue Campostrini. Le sue idee, troppo avanzate per l’epoca, gli causarono la sospensione a divinis dal vescovo di Chioggia".

"Era il 1909. Fu costretto ad emigrare. Si stabilì a Bologna, si laureò in filosofia e insegnò al liceo. Nel 1925 venne riammesso sacerdote".

 Campostrini, del sacramento della comunione, ricorda un particolare episodio. «Mio padre Tullio scrisse della sua presenza alla mia cerimonia. Don Olinto dovette rinunciare alla consueta questua domenicale fuori dalla porta della cattedrale di Bologna. A mio papà che lo ringraziava e si rammaricava per il mancato introito della questua – era un momento difficile per la cosruzione della Città dei Ragazzi – confidò di aver lasciato fuori della Cattedrale il suo sgabello con il cappello. «Forse la gente penserà che mi sono assentato per un momento e farà cadere quello che ha in animo», gli disse. Tornato a Venezia raggiante disse a mio papà di aver ritrovato il cappello pieno quasi il doppio del solito. «Né tu né Pierpaolo dovete sentirvi pesi sulla coscienza».

Che cosa rimane oggi del Beato? Tanto amore e l’Opera Padre Marella a San Lazzaro di Savena (Bologna), un tempo rivolta agli orfani, ora alle persone in situazione di disagio sociale. Sulla sua costruzione un altro indimenticabile ricordo.

Pierpaolo Campostrini parla del padre Tullio, ingegnere. «Don Olinto gli “ordinò” di progettare e realizzare la Città dei Ragazzi e la chiesa che oggi custodisce le sue spoglie mortali e che riprende le linee architettoniche del Santuario Madonna dell’Apparizione di Pellestrina. Per questo era spesso a casa nostra a Venezia. Prendeva il primo treno da Bologna per celebrare alle 5, 30 la messa nella chiesa degli Scalzi. Alle 6 30 suonava il campanello poi discuteva con il papà. Alle 8,15 ritornava a Bologna. Per noi bimbi era una festa, saltavamo dal letto felici. Ci portava sempre qualche gioco o i cioccolatini Fiat di Majani» .

Un Santo che dai veneziani merita attenzione, amore, affetto. —

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