Addio a Campesan «Un posto all’M9 per le sue opere»

L’arciprete del Duomo don Bernardi: «Sara, una persona straordinaria, una vita per l’arte e l’insegnamento»
Di Marta Artico
Foto Agenzia Candussi/ Morsego/ Mestre, Duomo, Piazza Ferretto/ Funerale di Sara Campesan
Foto Agenzia Candussi/ Morsego/ Mestre, Duomo, Piazza Ferretto/ Funerale di Sara Campesan

«Una persona straordinaria e al contempo semplice, che ha dedicato la sua vita all'arte e all'insegnamento, libera dal possesso e dai condizionamenti, sempre in movimento». Ieri mattina nel Duomo di Mestre, i parenti più stretti, gli amici, i conoscenti, le persone che con l'artista mestrina mancata a un soffio dai 92 anni, Sara Campesan, hanno condiviso un pezzo di vita, le hanno dato l'ultimo saluto, quello terreno. Un'esplosione di colori a coprire il suo feretro, quelli che lei sapeva sapientemente e meglio di chiunque altro dosare e far fiorire nelle sue opere, sempre un passo avanti, sempre proiettata verso nuove geometrie.

All'ingresso della chiesa una cartolina ricordo, un tuffo nel suo universo artistico: «Sara saluta tutti coloro che con lei hanno condiviso la bella avventura della vita».

A tratteggiare la sua persona e il suo vissuto, l'arciprete del Duomo, don Gianni Bernardi: «Sara ha messo a frutto i suoi talenti in modo straordinario», ha detto parafrasando le letture, «sin da piccola ha ricevuto un dono, ha preso decisioni forti, ha dedicato la vita alla ricerca della verità. Ha messo a frutto le sue doti, incentrate sull'arte ma non legate esclusivamente all'arte, bensì all'arte come ricerca delle relazioni».

Il sacerdote ha letto alcune parti del diario, in cui Sara, nipote del celebre scultore Alberto Viani, parla della natura, degli esseri viventi che la popolano. «Mi ha colpito quando racconta della scoperta dei piccoli animali da giardino, se nel 2008, quando scriveva, ricordava ancora questi piccoli segni, significa che li aveva nel cuore, come per sempre, nel cuore, ha portato i disegni delle onde e dell'acqua del mare». «Sono al mare», scrive nell'agosto dello stesso anno al termine del diario, «il mio mare che continua a bagnare e a ritirarsi lasciando sulle rive quei solchi che mi piacciono tanto».

Don Bernardi ha ripercorso i ricordi della guerra, delle vacanze a Jesolo per dimenticare la paura, dei viaggi in provincia sul treno a cremagliera. «Il mare che ritorna, che rimane presente in lei come il paesaggio che vede dal finestrino e che riviveva nel suo studio, una ricerca, la sua, che nasce dall'incontro con le cose e con la realtà».

Un universo che sotto i suoi occhi cambia e si scompone, sempre carico di senso e significato. Una donna libera proprio grazie alla sua arte, sempre in dialogo profondo con sé stessa. «Spero che la donazione delle sue opere alla Biblioteca Civica di Mestre possa rappresentare un nucleo del futuro museo M9 in costruzione», si è augurato l'arciprete. «Grazie Sara», ha concluso don Bernardi, «per quello che hai donato al mondo e all'arte».

All'inizio dell'anno al Padiglione delle Arti di Marcon era stata allestita una retrospettiva curata da Willy Montini e ArtCom che ha ripercorso una parte significativa del viaggio di una donna la cui produzione dagli anni Cinquanta ad oggi ha attraversato le avanguardie artistiche del secondo Novecento, dall'astrattismo all'informale fino alle più sorprendenti sperimentazioni sull'arte ottico-cinetica. Ieri, però, era il momento di ricordare la sua umanità e il suo sguardo verso il mondo che la circondava, vero bacino di cui la sua arte si è nutrita e da cui ha tratto origine e fondamento.

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