Ricordate Azdren Llullaku? «Qui in Bielorussia si gioca, obbedisco ma ho paura»

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Più di dieci anni trascorsi sui campi del Triveneto. I tifosi del Sandonà Jesolo lo ricordano di sicuro, così come quelli di Conegliano, Sacilese, Sudtirol, Domegliara e Tamai. Azdren Llullaku ora gioca in Bielorussia. Sì, gioca. Perchè in Bielorussia il campionato non è stato sospeso per l’emergenza sanitaria, ieri è stata disputata la seconda giornata e per di più, come per il torneo di hockey su ghiaccio, con la presenza dei tifosi sugli spalti. Situazione incredibile, che il giocatore, nazionale albanese, ha raccontato nel sito Gianlucadimarzio.com, ed è stata ripresa da alcuni giornali. Classe 1988, Llullaku ora veste la maglia dello Shakhter Soligorsk (un aavversario del Torino lo scorso agosto nei preliminari dell’Europa League), mentre parte della sua famiglia vive ancora a Tarzo (Treviso). «Spero vada tutto bene, eppure non posso esserne sicuro, considerato che l’emergenza sanitaria è presente in gran parte dell’Europa» confessa. In Bielorussia ci sono oltre 50 casi accertati di persone che hanno contratto il virus. «La scorsa settimana si è disputata la prima giornata» ha raccontato «in precedenza, avevamo giocato due match di Coppa nazionale e uno di Supercoppa. Poco prima del via del torneo, si è tenuta una riunione per decidere se valeva la pena far partire il campionato o meno. Alla fine si è deciso di scendere in campo. A preoccuparmi maggiormente, però, è la presenza del pubblico. Qui si respira una mentalità diversa».
Lllullaku non nasconde la sua preoccupazione e spiega che ci sarebbe tutto il tempo per recuperare le partite in caso di stop al campionato. «Qui il torneo finisce a dicembre» conferma «in questi giorni avrebbe dovuto esserci anche la pausa legata agli impegni delle nazionali, invece non ci sarà e sabato 28 marzo (ieri, ndr) giocheremo un’altra sfida. Io cerco di fare attenzione: mi alleno, gioco e poi sto a casa. Qui però le scuole sono aperte, i centri commerciali pure. L’unica raccomandazione che viene fatta è di lavarsi le mani» conclude Llullaku. —
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