Il rugby piange la morte di Adriano Tota

Figura storica della palla ovale cittadina e presidente negli anni difficili. Sabato i funerali in Duomo

MESTRE. Ieri è morto Adriano Tota. Aveva 76 anni. Quando la notizia ha cominciato a circolare, dapprima con il tam-tam su facebook, poi in un flusso densissimo di messaggi e telefonate tra i protagonisti di un’intera generazione di rugbysti mestrini, nessuno voleva crederci. È accaduto quello che per certi personaggi non ci si attende mai possa accadere davvero: il Presidente è morto, e con lui – dopo il suo successore Renzo Doria e il punto di riferimento assoluto Massimo “Nane” Longega – un altro pezzo gigantesco di storia della palla ovale di una piazza rimasta sempre anomala nel panorama veneto, poco o nulla omologabile a realtà come Padova, Treviso, Rovigo o anche solo le più vicine San Donà e Mirano.

Adriano Tota è stato senza alcun dubbio una delle figure più iconiche di questa storia, con i suoi inconfondibili baffi, la voce tonante e la battuta ironica sempre pronta a scuotere le tribune di mezzo nordest, entrato in gioco poco dopo la sofferta fusione tra Mestre e Venezia nel 1986, quando prese in mano il club amaranto-oro in un momento di difficoltà traghettandolo verso la fase dei primi anni ’90 sfociata poi nell’epoca d’oro delle tre promozioni dalla Serie C1 al Super 10 (ora Eccellenza). Promozioni che portano la sua firma.

In quel contesto iniziale, di rugby cosiddetto minore, Tota fece un lavoro organizzativo importantissimo, dando inoltre un contributo fondamentale alla sistemazione strutturale degli impianti di Favaro Veneto. In molti lo ricordano a petto nudo sul campo secondario di via Monte Cervino nelle estati del 1989 e del 1990, intento a pulire a mani nude il terreno da sassi e detriti assieme ai giocatori del suo adorato settore giovanile. Ma non era solo questo, Adriano Tota: da massimo dirigente riuscì a convincere un mito vero come Rino Francescato, da poco ritiratosi dall’attività di vertice con la Nazionale e la Benetton Treviso, ad intraprendere la carriera da allenatore, finita poi con il rientro in campo da giocatore coinvolgendo anche il fratello Bruno.

Per un lungo periodo molto attivo in seno al Panathlon Mestre, la passione per il rugby non è però mai stata uguagliata da nessun altro sport, tanto da aiutare la squadra dei Putei Veci a realizzare il primo (e unico) campo privato di rugby in Italia, in via Brendole, alla Gazzera. Sabato 23 alle ore 9 i funerali nel Duomo di Mestre: inevitabilmente, un ultimo saluto destinato a trasformarsi in un terzo tempo memorabile, come quelli che "il Presidente" non si perdeva mai.

Gianluca Galzerano
 

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