Fischietto al chiodo Pascotto dice basta dopo 564 partite

Basket. L’arbitro portogruarese rivive le emozioni di una splendida carriera. «Quante cose sono cambiate...»

PORTOGRUARO. Il fischietto appeso al chiodo, al termine di una carriera esaltante. Disco rosso per raggiunti limiti di età per Maurizio Pascotto, che altrimenti avrebbe continuato ancora. Una carriera culminata con un fuori programma inatteso. Maurizio Pascotto, al top nelle classifiche di valutazione in LegaDue, ha chiuso con 564 partite arbitrate, ultimo atto sabato sera al PalaCarrara di Pistoia, dove si è giocata la quinta e ultima sfida della finale promozione in serie A tra i toscani guidati da Guido Meini e Brescia. «Credevo di aver chiuso due settimane fa» racconta sorridendo Maurizio Pascotto, 55 anni compiuti a gennaio e tessera federale numero 10545, «per me era già un bel premio dirigere la prima finale tra Pistoia e Brescia, la consideravo il premio alla carriera. Poi sul due a zero per i toscani pensavo che la serie fosse agli sgoccioli, in Lega le vittorie in trasferta non sono mai mancate, invece siamo arrivati alla quinta e mi hanno designato. Ho rivissuto le sensazioni di qualche giorno prima, sono sceso in campo tranquillo, dando il massimo e cercando di sbagliare il meno possibile».

Roberto Materdomini e Denis Quarta sono stati i suoi “angeli custodi” nella serata dell’addio al PalaCarrara. «Il mio primo compagno? Non posso dimenticarlo, è stato Roberto Ferrara. Era il 1977 e fummo designati per arbitrare una partita del torneo giovanile di San Stino di Livenza».

Responsabile amministrativo in un’azienda di Portogruaro, da ieri mattina Maurizio Pascotto entra nel libro degli ex. «Mi mancherà il campo, l’odore dello spogliatoio, del parquet. Ogni palasport dove sono stato mi ha regalato forti emozioni, potrei scrivere un libro di ricordi per ogni palasport». L’esordio nella vecchia palestra di San Stino, poi il balzo tra i professionisti. «C’è sempre Firenze nel mio destino. Prima l’esordio in Coppa Italia in NeutroRoberts-Varese, dove giocava Reggie Theus, mentre il debutto in campionato fu tra Firenze e Mangiaebevi Bologna, era il 29 settembre 1991 in compagnia di Stefano Cazzaro. «Un esordio tranquillo..., ci trovammo a dividere Winfred King da Pete Myers».

Vent’anni, e più, sempre sull’onda. «La pallacanestro è cambiata, moltissimo. Il basket è diventato più veloce, più fisico e meno tecnico, anche noi arbitri abbiamo dovuto metterci in linea, anche con gli atleti sul piano fisico. Ci sono adesso meno campioni nel campionato italiano, rispetto a quando ho esordito io. La geografia è cambiata, ci sono più Paesi, l’economia ha cambiato volto, chi ha più soldi prende i giocatori più forti. L’introduzione della terna ha portato molti benefici per avere una migliore visione del gioco avendo una posizione più idonea». Una carriera iniziata per gioco. «Eravamo un gruppo di amici che si trovava per giocare a pallacanestro, io ero il più giovane, quando eravamo in dispari, mi toccava arbitrare. Poi è stato organizzato un corso a Portogruaro da Toni Bollettini, ho partecipato e da lì è iniziato il lungo cammino che è terminato a Pistoia. Pensavo di poter sfondare nel calcio, facevo il portiere nel Summaga, e invece...».

Da oggi, a disposizione. «Mi piacerebbe rimanere nell’ambiente, ho fatto parte per tanti anni di una famiglia che mi è sempre stata vicina, soprattutto in alcuni momenti, non si può uscirne. Se arriveranno delle proposte, le valuterò. Intanto vedo che la scuola veneziana sta crescendo, Boscolo e Migotto sono già arrivati in LegaDue, poi ci sono Maniero e tanti altri. Stanno lavorando bene anche nel reclutamente sul territorio, i segnali sono incoraggianti».

Michele Contessa

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