È morto Eraldo Mancin, gentiluomo del pallone

Ex Venezia e Mestrina, 71 anni, abitava a Campalto. Campione d’Italia con Fiorentina e Cagliari
Mirano (VE): Calcio Miranese (bianchi) / Opitergina. Allenatoere Miranese. 11/03/2001 © Light Image studio. Lazzarini.
Mirano (VE): Calcio Miranese (bianchi) / Opitergina. Allenatoere Miranese. 11/03/2001 © Light Image studio. Lazzarini.

VENEZIA. Una persona di estrema gentilezza ed educazione, come poche nell’urlato mondo del calcio. Se ne è andato in silenzio, lasciando sorpresi anche gli amici. È morto giovedì Eraldo Mancin, 71 anni, calciatore con un prestigioso curriculum, due scudetti, ma soprattutto una persona che, una volta lasciato il pallone ha scelto Mestre, Campalto per la precisione, per vivere. E nel suo bagaglio anche il Venezia neroverde, da calciatore, e la Mestrina, in campo e in panchina.

Nato a Porto Tolle il 18 aprile del 1945, Mancin si è plasmato nelle giovanili del Venezia, ha esordito in prima squadra nella stagione 63-64 e dopo una parentesi in prestito al Verona, ha giocato anche in Serie A nel Venezia, stagione 66-67, sotto la guida di Armando Segato. Due scudetti con due squadre diverse, nel ’69 con la Fiorentina di capitan De Sisti, e l’anno dopo con il Cagliari di Gigi Riva. Due imprese da record, poco sbandierate da un campione di umiltà come lui. Un giorno, in una intervista per il nostro giornale, disse testualmente che «con Riva nella squadra era facile vincere, bastava dargli la palla». Rimase legatissimo proprio al Cagliari e alla Sardegna, all’opportunità di concedersi qualche giorno per rivedere gli amici dell’Amsicora, al ricordo di Manlio Scopigno, a quei racconti degli Anni d’oro nei quali tendeva sempre ad escludersi dai protagonisti, mentre in realtà, dopo aver vinto la concorrenza di Zignoli, conquistò le simpatie dei tifosi rossoblù.

Della Fiorentina invece raccontava le scaramanzie del Petisso Pesaola, il voto di Ugo Ferrante che dopo aver promesso il taglio di capelli alla prima sconfitta si ritrovò capellone con lo scudetto in tasca, e tanti altri aneddoti, sempre con il sorriso e mai con vena polemica. Un altro primato di Eraldo Mancin è stato quello di segnare tre gol nella stessa partita, lui terzino a volte anche rude, non certo artista con il fiuto del gol. Successe nel maggio del ’71, giocava ancora nel Cagliari e nell’ultima di campionato firmò una tripletta nel Cagliari–Verona concluso sul 4-1. «Non chiedetemi come ho fatto» disse ancora nei suoi racconti-intervista alla “Nuova” «perchè non lo so neanche io».

Nel ’75 passò al Pescara, due promozioni in Serie A intervallate dalla discesa in B e quindi concluse la carriera nella Mestrina, campionato 79-80, la Mestrina del “sor Guido” Robazza, allenata da Giorgio Rumignani. Eraldo Mancin ha fatto anche l’allenatore, ma senza lasciare il Veneto: ha guidato parecchie squadre, cominciando proprio dalla Mestrina, e poi un anno alla Pro Mogliano, Belluno, Rovigo, ancora Mestre, Union Clodiasottomarina, Miranese. Restio all’idea di ricominciare a girare l’Italia come aveva fatto da calciatore, ha scelto la fascia di serie C, senza mai puntare a quelle vetrine che oggi aiutano a fare carriera. É morto ieri poco prima delle 14, in serata la moglie Daniela e i figli Federica e Antonio hanno risposto alle telefonate di tanti amici increduli. Data e orario del funerale verranno decisi oggi.

 

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