Pili, Papadopoli e accuse di corruzione: si decide sul processo ai 34 imputati
A un anno e mezzo dagli arresti, si apre a Mestre l’udienza preliminare dell’inchiesta Palude. Il giudice dovrà valutare le richieste di rinvio a giudizio per 34 imputati, tra cui il sindaco Brugnaro e i suoi collaboratori. Oggi la giornata snodo

Erano le sei di mattina del sedici luglio 2024 quando i militari delle fiamme gialle si presentarono nell’abitazione dell’ex assessore Renato Boraso per accompagnarlo in carcere con l’accusa di corruzione. Era lo scoppio di Palude, l’inchiesta condotta dai pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini che ha terremotato il Comune di Venezia e ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati del sindaco Luigi Brugnaro, dei suoi storici bracci destri Morris Ceron e Derek Donadini, di altri funzionari delle partecipate comunali e di una rete di imprenditori.
Un anno e mezzo più tardi, quella di oggi è una giornata snodo per l’intera vicenda giudiziaria. Alle 10, in aula bunker a Mestre, andrà infatti in scena l’udienza preliminare a carico dei 34 imputati che non hanno optato per riti alternativi. Il giudice Andrea Innocenti dovrà infatti decidere sulle richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla Procura - tra gli altri - anche per il sindaco Luigi Brugnaro, il direttore generale del Comune Morris Ceron, il vice capo di Gabinetto Derek Donadini, il magnate di Singapore Chiat Kwong Ching, il suo braccio destro Luis Lotti. Di fatto, dopo i patteggiamenti degli imprenditori raggiunti da misure cautelari e dell’ex assessore Boraso, è un altro banco di prova per capire la tenuta delle accuse mosse dalla Procura, che ha ritenuto attendibile il grande accusatore Claudio Vanin, sulle vicende ormai note al centro dell’inchiesta.
In particolare, per le accuse di concorso in corruzione sull’affaire Pili e per la vendita di palazzo Poerio Papadopoli a prezzi scontati da 14 a 10,8 milioni di euro, che - secondo le accuse mosse dalla Procura - sarebbe stata organizzata (con tanto di presunta tangente all’ex assessore Boraso) per far conoscere Mr. Ching alla città e, soprattutto, per allettarlo all’acquisto per 150 milioni dell’area inquinata dei Pili, di proprietà di una società della galassia del sindaco (ora in blind trust). Tra gli indagati, anche un gruppo di imprenditori che avrebbero pagato tangenti all’ex assessore Renato Boraso per ottenere lavori pubblici.
Fin qui le accuse. Dal canto loro, le difese (con gli avvocati Rampinelli, Berardi, Ranzato, Garbisi per il sindaco e i suoi uomini di fiducia, lo staff legale Simonetti, Zancani e De Luca per il magnate) in questi mesi hanno respinto ogni possibile addebito.
L’udienza di oggi, che non risulterà decisiva ma avrà bisogno di ulteriori rinvii, arriva però dopo schermaglie non solo giudiziarie. Il sindaco Brugnaro, al quale in un altro procedimento viene contestato dagli stessi pm Terzo e Baccaglini anche il finanziamento illecito di 513 mila euro per la campagna elettorale del 2020, ha detto di essere vittima di una macchinazione frutto di una presunta attività di dossieraggio di carattere nazionale di cui è accusato un ufficiale di polizia giudiziaria a Roma e, confermando che oggi non si presenterà in aula, sull’inchiesta Palude ha accusato i pubblici ministeri di aver «montato tutto».
Gli attacchi sulla vicenda delle spese elettorali hanno provocato la reazione della Procura generale secondo cui l’inchiesta nulla ha a che vedere con i dossieraggi. È in questa cornice che al giudice Innocenti, a partire da oggi, i spetterà decidere chi prosciogliere e chi mandare a processo. —
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