Vita e morte di Kociss, l'ultimo bandito
La Venezia popolare nello spettacolo di Dell'Olivo

La scena di «Kociss» al centro Morion di Venezia
Prima assoluta, venerdì sera, al Laboratorio Morion pieno di gente, di «Kociss», opera di teatro canzone sul leggendario bandito veneziano che si portava quel soprannome perché ad un indiano d'America assomigliava davvero: capelli lunghi e corvini, pelle color cuoio, con zigomi e mascella scolpiti nella pietra. Testi e canzoni scritti, suonati e cantati da Giovanni Dell'Olivo (la regia è di Gianni De Luigi) che riportano alla memoria la città popolare degli anni che vanno dall'immediato dopoguerra, quando la madre di Silvano Maistrello - questo il suo nome - per sopravvivere e soprattutto per dar da mangiare al figlio «batteva» in via Garibaldi, al 13 maggio 1978. Il giorno del suo funerale lungo una delle quattro strade del centro storico lagunare con la gente di Castello che dai balconi lanciava fiori, gli ancora giovanissimi componenti della malavita guidata da Felice Maniero che muovevano i primi passi fasciati in vestiti bianchi e gli ultimi contrabbandieri sui loro veloci barchini. Tutti per dare l'ultimo saluto a un figlio della Venezia popolare che ormai non esiste più. Kociss aveva conosciuto il carcere fin da minorenne, anzi proprio là aveva cominciato ad imparare le prime furbizie, a muovere i primi passi che lo avrebbero portato a morire in un canale a due passi da campo Santi Giovanni e Paolo mentre fuggiva con un barchino dopo la rapina al Banco San Marco. Aveva il giubbotto antiproiettile, perché lui alla vita ci teneva, ma un'unica pallottola si sarebbe infilata nella schiena mentre era piegato per evitare i colpi e teneva il potente motore. Sono due i registri narrativi: uno soggettivo con al centro la figura dolente della madre e l'altro di taglio quasi giornalistico, con il racconto delle «imprese» del bandito - famose le sue evasioni a cominciare da quella dal treno sul Ponte della Libertà o dal Tribunale di Rialto con il salto sulle tende dei banchi di frutta e verdura - e le rincorse dello «sbirro» che gli dava la caccia (il quale non era altro che quell'Arnaldo La Barbera poi diventato capo della Mobile palermitana che indagò sulle stragi di Capaci e via D'Amelio, quindi questore e prefetto). Ad accompagnare sul palcoscenico il cantastorie e i due attori recitanti quattro bravi musicisti e l'illustratore Mauro Moretti.
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