Zanon: «La vera industria di Venezia è il turismo»
Il presidente della Camera di Commercio ottimista sul futuro, favorevole al nucleare e a regolamentare gli accessi a Venezia

«L’industria di Venezia è il turismo, che non va demonizzato: perché attorno al settore dell’accoglienza ruota una filiera che parte dall’agricoltura e, attraverso una rete di servizi e imprese, arriva alla manifattura legata alle attrezzature del turismo per alberghi, ristoranti, pubblici esercizi, ai trasporti, alla logistica».
Da presidente della Camera Massimo Zanon ha un osservatorio a 360 gradi sull’economia veneziana: «Certo, i servizi sono prevalenti rispetto alla manifattura ma per fortuna che c’è Venezia e il litorale, che trainano un’industria che dà lavoro e ricchezza. Quando il polo industriale di Porto Marghera ha perso centralità, se non c’era il turismo a trainare eravamo fritti. Ecco perché dico: guai a demonizzare il turismo».
Che anno sarà, dunque, il 2025?
«Sarà un anno dove sarà necessario proseguire il cambiamento: nelle imprese, nei lavoratori, nelle infrastrutture. La rapidità è la cifra di questo tempo. Ma sono ottimista, anche se sarebbe sbagliato dormire sugli allori»
Turismo e ambiente vanno a braccetto: non stiamo costruendo ancora troppo?
«Assolutamente. Basta con il consumo del suolo, lo stiamo dicendo da quindici anni. Ci sono migliaia di metri cubi non utilizzati che vanno rigenerati. L’ambiente è un asset fondamentale, e lo sarà sempre di più, strategico per il turismo».
Quale cambiamento deve affrontare l’impresa turistica?
«Dobbiamo adeguare la nostra organizzazione, perché oggi il turista vuole essere accolto da quando scende dall’aereo, dalla nave, dal treno o dall’auto ed essere accompagnato dentro a un’esperienza. Dobbiamo lasciargli un ricordo positivo, la migliore pubblicità è il cliente soddisfatto».
Le imprese da noi sono soprattutto familiari.
«L’ingresso dei grandi gruppi è inevitabile, ma la piccola impresa può dare un valore aggiunto nell’accoglienza del cliente, costruendo attorno a lui un’esperienza unica. Può esserci una sintesi».
Parliamo di industria manufatturiera: si avvertono venti di crisi anche nel calzaturiero della Riviera del Brenta.
«Sì, perché oltre all’automotive è in crisi anche il lusso. La gente sa fare due conti anche a quel livello. La chiusura del Fondaco dei tedeschi si inserisce in questo filone».
Nella Riviera le imprese non trovano lavoratori ma aumenta la cassa integrazione: perché?
«C’è un apparente paradosso tra questi due dati. Credo faccia parte del cambiamento: anche i lavoratori devono capire che è difficile iniziare in un’impresa e terminare la propria attività nella stessa. C’è un cambiamento culturale da fare anche qui e vincere qualche resistenza. Ci sono percorsi di riqualificazione dei lavorotori che vanno implementati per consentire una maggiore flessibilità».
E’ favorevole all’industria nucleare a Porto Marghera?
«Credo che la percezione di paura sia sbagliata. Bisogna cambiare nome a questa tecnologia, oggi assolutamente diversa e più sicura di un tempo».
Fa bene il Comune di Venezia a regolamentare gli accessi?
«Sì, dobbiamo stabilire una soglia oltre la quale si introducono dei paletti. Non per fare cassa, ma per consentire agli ospiti di godere con maggiore tranquillità della bellezza».
Con la cultura non si mangia?
«Si mangia eccome: la cultura è anch’essa un’industria culturale. E la nostra grande fortuna si chiama Venezia, un brand conosciuto in tutto il mondo. I clienti vengono: dobbiamo essere bravi noi a intercettare la domanda, adeguare i servizi e a offrire un servizio sempre all’altezza».
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