Venezia tra rive crollate e pietra d’Istria danneggiata. Le ferite nascoste della città d’acqua

VENEZIA. Degrado diffuso. Rive che cadono in pezzi, pietra d’Istria sfregiata. Mattoni che mancano. Voragini che scavano sott’acqua e minano le fondamenta delle case e dei palazzi. Lo stop del traffico acqueo, che appena in questi giorni accenna a riprendere, mette a nudo le ferite della città d’acqua. Colpi inferti per anni alle fragili pietre e alle rive, martoriate dal moto ondoso. In qualche caso pericolanti e pericolose.
Una documentazione messa insieme da un gruppo di volontari e ambientalisti che stanno girando a remi per i rii della città. «La situazione è grave, in alcuni punti veramente critica», dicono.
Le ferite più grandi si vedono nei canali di grande traffico. In rio di Noale, fino a tre mesi fa arteria sovraccarica di motoscafi, barconi e taxi, si vedono le crepe sui basamenti in pietra d’Istria. I mattoni crollano sotto la spinta delle onde, che portano via la malta negli interstizi. Pian piano si aprono voragini.
Fessura larga due centimeti sui muri d’angolo dei palazzi del rio di Noale. Sfregi che non sempre si notano. Adesso venuti alla luce. Grazie alla luce particolare di questo maggio senza traffico. E anche alla marea, più bassa del solito. «Macro e microdanni», dicono i volontari, «resi più visibili anche dal minor livello delle alghe, per via del moto ondoso che le alimentava. Il medio mare si è abbassato di 50 centimetri. Il “comune marino” sembra tornato quello dei quadri del Canaletto». In realtà le acque sono in agguato. Per il prossimo autunno ci aspetta il ritorno delle alte maree. Ma intanto tutto si è fermato.
Ecco la pietra d’Istria delle strutture d’angolo che in fianco non ha più ne malta né mattoni. I gradoni della riva alle Fondamente Nuove che stanno scivolando in laguna.
Rive «strappate» anche alla Madonna dell’Orto, dove i traffico è aumentato negli ultimi anni. Negli incroci tra i rii di grande passaggio, sempre a Cannaregio, a Santa Giustina. Per non parlare di Riva Schiavoni, dove le pietre vengono spostate dal movimento delle masse d’acqua spostate dalle navi e dai vaporetti in bacino San Marco.
«Serve intervenire con urgenza», dicono i volontari delle associazioni ambientaliste, «perché in molti punti la pietra d’Istria sta scivolando in mare». Una cura che in passato era quotidiana, quella della manutenzione delle rive e delle scalinate. La pulizia con la spazzetta e poi i getti d’acqua. E la riparazione dei microdanni prima che si trasformino in guai irreversibili. Una attività sospesa da vent’anni, dopo il taglio dei finanziamenti della Legge Speciale, dirottati tutti alla grande opera del Mose.
Adesso qualche finanziamento torna a Venezia. La Legge Speciale, i soldi dell’Unione europea, il Patto per Venezia finanziato dal governo Renzi nel 2014. È urgente dunque riprendere la manutenzione delle rive.
Ma anche evitare di distruggerle con il moto ondoso, come succedeva fino a tre mesi fa. —
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