Venezia: in classe senza smartphone, i ragazzi non fanno drammi
Dai quiz in rete alle esercitazioni di arte, la corsa dei prof a chiedere deroghe. «Con tutti i fondi ricevuti, non dovremmo aver bisogno dei tablet degli studenti»

Nelle aule, la prima cosa che colpisce all’occhio sono le Lim, le lavagne multimediali: nuovissime, anche grazie ai fondi Pnrr, e ultratecnologiche. Le stesse a cui, fino allo scorso giugno, gli studenti si collegavano con i loro smartphone, tramite piattaforme di apprendimento per fare quiz e testare la loro preparazione, con una didattica sempre più trasversale e innovativa.
Oggi, dopo la stretta del ministro Valditara che da questo settembre vieta l’uso dei cellulari in classe anche per scopi didattici, tutto ciò è diventato solo un ricordo, non più replicabile perché vietato dalla legge. La prima campanella è stata aspettata con il fiato sospeso: i nativi digitali sarebbero sopravvissuti senza smartphone in tasca? La risposta, dieci giorni dopo il ritorno sui banchi, è sì. Ad essere andati in crisi sono i docenti che, spesso, devono rivedere la loro didattica.
«Strumenti per la didattica»
Un bel problema per i dirigenti scolastici che, da una parte, si trovano ad aver a che fare con la stretta imposta dalla circolare ministeriale e, dall’altra, a raccogliere dubbi e perplessità dei docenti che, all’improvviso, devono ripensare alla loro didattica, dopo gli ultimi anni che sono stati segnati dalla digitalizzazione, con il Covid che è stato un catalizzatore dell’accelerazione.
«Abbiamo rimandato le decisioni al prossimo collegio docenti, ma ne abbiamo discusso anche nell’ultimo», spiega Maria Rosaria Cesari, preside al Marco Polo, «gli insegnanti di grafica e arti figurative sono molto spaventati dal divieto assoluto perché per loro i cellulari sono strumenti fondamentali per la didattica, usandoli per far copiare disegni e modelli da internet. Essendo leggeri,i ragazzi li appoggiano sul cavalletto».
Non solo, sulla scrivania di Cesari è arrivata la richiesta di autorizzazione all’uso dello smartphone da parte di una ragazzina con diagnosi di diabete: «Ovviamente le abbiamo dato subito l’ok, tramite il cellulare controlla i livelli di insulina, essendo collegato al sensore».
Paradosso digitale
Casi specifici a parte, molti dirigenti si dicono scettici rispetto alla circolare di Valditara: non tanto per la stretta in sé, «visto che l’uso improprio dei cellulari era vietato anche prima», ricordano coralmente, quanto per il paradosso che si è creato: da una parte, Stato ed Europa spingono e investono sulle tecnologie, dall’altra arriva, però, il divieto di usare gli smartphone che, spesso, sono veri e propri strumenti didattici. Dal Piano nazionale per la scuola digitale, pilastro della legge Buona Scuola del 2015, varata dal Governo Renzi, ai fondi Pon, fino al Pnrr: gli istituti scolastici sono stati interessati da una pioggia di contributi ad hoc per la digitalizzazione.
«Un controsenso», commenta Luca Michielon, preside all’Ic Tina Anselmi di Dolo, dove la circolare ministeriale è in vigore ormai da un anno, visto che la stretta prima di arrivare alle superiori è stata introdotta alle medie, «il tema dei cellulari può essere gestito solo se viene fatto un piano organico che coinvolge le famiglie. Qualsiasi divieto introdotto a scuola viene ad essere una soluzione tardiva a un problema non affrontato nella società», aggiunge. Per Marco Vianello, dirigente al liceo Benedetti Tommaseo di Venezia, i fondi sono, invece, un’ulteriore spinta che giustifica il divieto.
«Con tutti i soldi che le scuole hanno ricevuto, dovremmo avere gli strumenti per la didattica digitale anche senza dover ricorrere ai cellulari», fa notare, dicendosi soddisfatto per la prima settimana di lezioni senza smartphone, anche se le scatole per ritirarli entreranno nelle aule solo dopo aver parlato con le famiglie. «La risposta dei ragazzi è stata ottima, ci ha addirittura sorpreso».
«Scuole tutte uguali»
Per Michelangelo Lamonica, dirigente al Vendramin Corner, la stretta non è niente di nuovo, visto che gli studenti riponevano i cellulari negli armadietti dal 2022, «ma la legge ci voleva per uniformare scuole e classi». Così, spiega il dirigente, sono state messe a tacere polemiche e malumori.
«Riforma superficiale»
Per la Consulta degli studenti, però, si tratta di «una misura superficiale», per la Rete degli studenti medi «una riforma inutile». «Valditara dovrebbe pensare a contrastare il cyberbullismo», commenta Claudia Lunian della Consulta, «qualche giorno fa un 14enne si è suicidato, serve intervenire».
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