L’appello di Vpc: «I mega yacht alternativa vera all’iperturismo»

La comunità portuale sollecita gli enti a sostenere il comparto. Calderan: «Lo spazio c’è, quelle navi portano solo vantaggi a Venezia»

Venezia punta sui megayacht
Venezia punta sui megayacht

I due yacht dei Bezos, l’iconico veliero Koru, un tre alberi da mezzo miliardo di dollari, e la nave Abeona che gli fa da appoggio, questa volta a Venezia non si sono visti, gli sposi sono sbarcati in elicottero.

Ma a Punta della Dogana, a Santa Marta e in Riva Sette Martiri i super yacht degli invitati alle nozze non sono mancati. Giganti del mare come l’Arience dell’investitore Bill Miller, il Kismet del pakistano-americano Shahid Khan, o l’M’Brace della superstar del basket Michael Jordan di passaggio in laguna negli stessi giorni. Superyacht che per Venezia possono rappresentare un importante segmento economico. Ne è convinta la comunità portuale Vpc, che lancia un appello ad esplorare quel mercato.

I valori sono allettanti. Per uno yacht da sessanta metri nei periodi di alta stagione si stimano 30-40mila euro di spesa a settimana, tra tariffe di ormeggio, acquisti di prodotti freschi e locali di alta qualità, servizi di security, shopping e trasporti.

«Dopo il ridimensionamento delle grandi navi, il porto ha subito un contraccolpo evidente, ma, con investimenti e grande capacità da parte delle professionalità presenti, stiamo riuscendo con non poca difficoltà continuare ad essere presenti in questo settore di mercato» dice Davide Calderan, presidente di Venice Port Community «Ora, l’arrivo di Bezos ha portato con sé una nuova prospettiva lavorativa, cioè quella dei megayacht. È un tipo di mercato da esplorare e tenere in grande considerazione, perché può favorire un grande indotto».

Un segmento che non alimenta l’overtourism, sottolinea Calderan. «Abbiamo visto che lo spazio in città c’è, non disturbano, perché certamente non sono masse che infastidiscono i residenti, anzi, si muovono in maniera discreta, e contribuiscono a generare ricchezza in città. Per anni, ad esempio, il Carinthia VII è stato ormeggiato a Santa Marta (il riferimento è allo yacht da 97 metri degli austriaci Horten, ndr) non si può certo dire che l’armatore abbia infastidito la città.

Ecco, prendiamo spunto da qui per cercare di valorizzare questo comparto, magari trovando spazi idonei e facilmente raggiungibili anche dalla terraferma per far sì che le maestranze del territorio possano esser messe a disposizione di queste realtà».

Negli ultimi anni la città ha accolto una media di 150 yacht all’anno; vent’anni fa si arrivava anche a 230. La Croazia è una concorrente attrezzata, ma il fascino di Venezia può far la differenza. Eccolo, allora, l’appello di Calderan: «A tutte le forze politiche e dell’Ordine del territorio, dalla Regione alla neonata Autorità per la laguna, ma anche a prefettura e questura, proponiamo di avviare un tavolo di confronto per sostenere questo tipo di attività, in maniera da comprendere a fondo quali siano le opportunità di questo mercato e come sostenerlo.

Parte da qui la vera alternativa alla monocultura del turismo di massa, cercando opzioni diverse che valorizzino il saper fare artigiano veneziano. Restano fermi tutti i progetti del Porto, manutenzione dei canali con i dragaggi che ripristinino il livello previsto dei fondali, e la realizzazione delle nuove banchine – puntualizza il presidente di Venice port community – Ma questa attività aggiuntiva potrebbe aprire l’accesso ad alcune navi di lusso e di minori dimensioni, che consentano di garantire nuovi posti di lavoro ed un miglior utilizzo delle aree portuali», conclude il presidente.

Prospettive. Che sembrano poter dialogare con i progetti del Comune per il Bacino grande di carenaggio all’Arsenale novissimo che viene restituito alla città e su cui il sindaco Luigi Brugnaro immagina un cantiere per la manutenzione dei maxi yacht. In attesa di vedere Koru e Abeona a Venezia. —

 

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