Venezia, in migliaia per l’apertura del Giubileo a San Marco
Fedeli veneziani in processione da San Zaccaria a San Marco per l’apertura del Giubileo. Il patriarca Francesco Moraglia ha invitato a vivere l’Anno Santo come un percorso di cambiamento: «Sia un anno di speranza»

Come dei «pellegrini di speranza» i fedeli veneziani questa domenica pomeriggio sono andati in processione da San Zaccaria alla Basilica di San Marco, insieme al patriarca Francesco Moraglia, per partecipare alla cerimonia di apertura del Giubileo. Dopo l’apertura in mattinata della terza porta santa, a Roma, le diocesi di tutt’Italia hanno organizzato cerimonie nelle loro chiese.
Oltre una cinquantina tra sacerdoti e domenicani che hanno seguito Moraglia in processione, diverse centinaia i fedeli che si sono accodati lungo il percorso nelle calli di castello. Complessa la macchina della sicurezza, tra Guardia di Finanza, polizia locale e polizia di stato e Croce di Malta.
Gremita anche piazza San Marco, dove veneziani e turisti si sono stretti per partecipare al rito religioso, con il sottofondo musicale del coro della Cappella Marciana.
Sulle porte della Basilica, l’ostensione della croce quattrocentesca, il rito di memoria del battesimo e l’aspersione dell’acqua santa, prima di procedere con la celebrazione liturgica.
«Sì, siamo pellegrini di speranza che vogliono riconfermare il desiderio e la volontà di aggrapparsi, come scrive il Santo Padre, alla speranza che non tramonta, quella in Dio, sapendo che Lui è un'ancora sicura e salda per la nostra vita» ha commentato Moraglia.
«L’Anno Santo che si apre sia anche per noi l’anno della libertà dei figli di Dio. E come avvenne anche per Giuseppe e per Maria, condotti da Gesù lungo un percorso non facile e non immediatamente concepibile, anche noi siamo sollecitati a compiere un cammino di crescita e maturazione di fede e di speranza» ha aggiunto la guida della diocesi veneziana. La necessità di speranza, Moraglia, l’ha sottolineata più e più volte negli ultimi giorni, in occasione delle celebrazioni per Natale. Dalle detenute e detenuti nelle due carceri veneziane ai malati dell’ospedale di Mestre, fino ai senza tetto ospiti delle mense popolari della Caritas, il patriarca Francesco ha ricordato loro l’importanza della fede in un domani migliore, fatto di riscatto, libertà e serenità.
«A noi capita, di ridurre le parole di Gesù, a manipolarle secondo quanto ci sembra vero, buono e giusto, portandole al nostro livello, al livello della cultura dominante. Insomma, siamo tentati di “mondanizzare” la fede ed anche la Chiesa, rendendola un’organizzazione umana con finalità sociali in cui l’aggancio con l’unico Signore si riduce ad un pretesto o ad un ripiego» ha detto il patriarcato durante l’omelia a San Marco, «Dobbiamo, invece, avere la pazienza e l’umiltà – e qui entra in gioco la nostra personale conversione – di non “abbassare” le parole di Gesù – che superano la nostra intelligenza – e, piuttosto, di lasciarci condurre da esse, crescendo nella loro accoglienza. Come fece, appunto, la Vergine Maria che, anche in questo, è immagine vera della Chiesa che custodisce nel cuore le parole e gli avvenimenti del suo Signore in modo da poter trasmettere tutto con amore e fedelmente».
«L’Anno Santo è opportunità di grazia data per compiere un itinerario spirituale di conversione e - come ci indica san Giovanni della Croce - di una progressiva purificazione per abbandonare ogni forma di attaccamento o affezione contrari alla volontà di bene che viene a noi da Dio e per far sì che sia Lui il centro e il fine della nostra vita. C’è tanto da purificare in noi, in molti e diversi ambiti: la purificazione dell’intelligenza, della volontà, della memoria, dello sguardo, della parola e delle varie forme di linguaggio, arrivando anche a riscoprire il valore del silenzio».
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia