Stangata sugli affitti brevi a Venezia, i proprietari: «Un favore agli albergatori»

Cedolare secca dal 21 al 26 per cento anche per chi affitta una sola casa. Forza Italia e il ministro Matteo Salvini prendono le distanze dalla bozza della manovra approvata dal Consiglio dei ministri

Camilla Gargioni
Stangata sugli affitti brevi nella manovra di bilancio: la risposta da Venezia
Stangata sugli affitti brevi nella manovra di bilancio: la risposta da Venezia

Affitti brevi, si alza un muro (pure all’interno della stessa maggioranza di governo). Premesso che la manovra di bilancio è ancora una bozza approvata venerdì dal consiglio dei ministri, l’articolo 7 prevede che la cedolare secca - la tassa applicata sul reddito percepito dalla locazione annua - salga dal 21 al 26 per cento anche per chi affitta una sola casa.

Allo stesso modo, aumenta per i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché quelli che gestiscono portali telematici. «Ci alziamo al mattino e non sappiamo che cosa dovremo affrontare», alza le braccia Ondina Giacomin, presidente di Abbav. Gli uffici di Abbav stanno già ragionando su come affrontare la questione.

 

«Il 5 per cento in più non è una passeggiata», riflette Giacomin, «converrà aprire partita Iva, visto che con il codice fiscale e la cedolare secca non si possono scaricare i costi».

L’idea è di fare un webinar, a metà novembre, per mettere nero su bianco vantaggi e svantaggi tra aprire una partita Iva e avere solo il codice fiscale.

«A Venezia, molti sono “obbligati” al codice fiscale perché gli appartamenti non hanno le fosse settiche», continua Giacomin, «ma c’è poca convenienza». «Detto questo, se ci dicessero che il 5 per cento in più serve a restaurare le case popolari o aiutare, lo troverei corretto», aggiunge Giacomin, «ma il principio è che deve essere lo stato a pensarci, non il cittadino».

In disaccordo anche l’associazione Bre.Ve., che non vede nell’aumento della ritenuta al 26 per cento un modo né per incentivare gli affitti residenziali né per far cassa. «Il vero deterrente ai contratti residenziali è la paura, da parte del proprietario, di incorrere nella morosità, con tutte le ben note conseguenze», ribadiscono da Bre.Ve., «Nel secondo caso, per mantenere gli introiti derivanti dalle locazioni turistiche, si tenderà ad aumentare il prezzo a notte».

Bre.Ve. quindi immagina una diminuzione dei turisti stanziali che scelgono le locazioni brevi, e a cascata un calo delle entrate dall’imposta di soggiorno. «Poi l’imponibile su cui si applicherà la ritenuta sarà più basso, per effetto degli aumenti di prezzo a notte e il minor numero di notti vendute, quindi non ci sarà chissà che entrata dall’aumento di questo 5 per cento», concludono,«Pare che sia più un favore a Federalberghi, invece che un provvedimento economico».

Ma la modifica contenuta nella bozza della manovra ha generato non pochi malumori anche all’interno della stessa maggioranza di governo. «L’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi non mi sembra un buon modo di aiutare la domanda interna e l'iniziativa privata», ha detto senza mezze parole il vicepremier e ministro ai Trasporti e infrastrutture Matteo Salvini.

«Riteniamo che le attività anche di affitti brevi non debbano essere tassate se non quando assumono dimensioni industriali», afferma il capogruppo di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri, «se uno affitta camera e cucina non va tartassato». Forza Italia, poi, fa sapere che ha letto della questione direttamente nella bozza e non era stata informata preventivamente.

«Fi è contraria all'aumento della cedolare secca sugli affitti brevi in assenza di una distinzione chiara tra utilizzo saltuario e attività imprenditoriale», sottolinea anche il presidente dei deputati di Fi Paolo Barelli. Segno che la questione è tutt’altro che chiusa.

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia