Dal funerale alla città a Veniceland, l’ironia tagliente di Venessia.com compie 25 anni
Il 29 maggio 2000 nasceva l’associazione «che ha a cuore il futuro di Venezia e dei veneziani», spiega il fondatore Matteo Secchi. Le battaglie civiche contro lo spopolamento e per il mantenimento dei servizi essenziali. E si lavora a un progetto per valorizzare i locali tipici

Il Funerale di Venezia, con tanto di bara, corone, Doge e corteo acqueo. Immagini che fecero il giro del mondo: «Quanto si arrabbiò il sindaco Cacciari: ci diede degli imbecilli», se la ride Matteo Secchi, «ma noi volevamo denunciare alla nostra maniera il problema dello spopolamento di Venezia e non abbiamo più smesso di farlo. Era il 2009: fu un boom mediatico internazionale». Come con il Ponte di Calatrava trasformato nella giostra-Brucomela nel manifesto di lancio di “Veniceland”.
Venessia.com il 29 maggio compie 25 anni: un quarto di secolo di ironia che punge e che si fa denuncia civica. E di geniale fantasia per una “messa in scena” capace di attirare l’attenzione mondiale: con il contatore dei residenti alla farmacia di campo San Bartolomeo; come con Venexodus del 2016, con i veneziani armati di trolley e mega-valigione in apertura di corteo, “cacciati” dalla loro città da un mercato immobiliare drogato dal turismo. Ma anche con la manifestazione del 2019 in difesa dell’ospedale civile, col Movimento difesa sanità pubblica.
«Tutto è nato nel 2000 dall’amico - che ci manca molto - Stefano Soffiato, che aveva un banco di ambulante e decise di fare un sito personale per raccontare la vita quotidiana che vedeva: i turisti, i lavoratori della Piazza», racconta ancora Matteo Secchi, volto ufficiale e cuore di Venessia.com, «nel 2002, due anni prima di Facebook, aprì un forum e si iniziò una discussione online. Poi siamo passati all’azione: nel 2007, con la protesta contro le spese per il Ponte di Calatrava e contemporaneamente il “nizioleto” sul Ponte dei Giocattoli, che dopo 10 anni ha cambiato ufficialmente nome, in memoria del negozio di giocattoli che tutti i veneziani della nostra età ricordano e che chiuse per lasciare posto a un negozio di souvenir. Uno dei simboli del cambiamento della città».
Poi la lenzuolata «con uno striscione da San Marco all’Arsenale per protestare conto l’illegalità. Ci diedero degli xenofobi: finché non passò per caso Tony Blair, che era in convegno all’isola di San Giorgio, si fermò, si informò, si fece una foto con noi e finimmo su tutti i giornali».
Le polemiche politiche non sono mancate. «Abbiamo poi incontrato i 40x, che anche loro riflettevano su Venezia sui primi “ning”. All’inizio ci fu un po’ di rivalità: loro più concentrati, noi più burloni, ma poi ci siamo incontrati su battaglie comuni». «Come Venessia.com - siccome protestavamo, allora, contro giunte di centrosinistra - ci presero per gruppo di centrodestra», prosegue Secchi, «ma poi ci hanno conosciuto per quello che siamo: un’associazione che ha a cuore il futuro di Venezia e dei veneziani. Purtroppo molti dei fondatori sono morti prematuramente. Ora però la più entusiasta e principale collaboratrice di Venessia.com è Gloria Lazzaretti, una giovane bellunese che ha scelto di vivere a Venezia. Io amo chi viene qui per scelta: noi veneziani andiamo avanti per inerzia».
Il prossimo appuntamento? «Il progetto “Approved by Venessia.com” che lanceremo a breve, per la promozione di locali storici veneziani. Abbiamo una pagina interattiva e “bollineremo” attività con il nostro marchio di qualità: commercianti di qualsiasi nazionalità che portano avanti attività veneziane o veneziani che lavorano e vivono in città. Abbiamo già 40 locali». L’ultima intemerata? Un video contro l’imperversare sguaiato degli addii al celibato, con i promessi sposi e spose trasformati in scimmioni modello “Odissea nello Spazio”.
«Noi andiamo avanti, non siamo solo goliardici: abbiamo bloccato sfratti, manifestato per la casa e l’ospedale. Il ticket? Siamo fermamente contrari a far pagare l’ingresso in città: chiediamo che si chiuda l’accesso dal ponte della Libertà quando il limite è raggiunto. La Costituzione non lo vieta: lo prevede in caso di pericolo pubblico o salute pubblica. Come è il caso di Venezia».
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