Un’idea nata qualche anno fa tra e-mail segrete e smentite

Fino allo scorso marzo nessuno pensava più all’Uomo Vitruviano, parte del fondo identitario delle Gallerie dell’Accademia dalla nascita dell’istituzione nel 1807.

L’opera del 1490 se ne stava tranquilla nel buio del caveau, dove viene custodita per una media di cinque anni tra un’esposizione e l’altra. In realtà, nel luglio del 2017, la Francia aveva provato a chiedere all’Italia il prestito dell’Uomo Vitruviano. Lo aveva fatto quando l’allora ministro del Mibac Dario Franceschini aveva iniziato ad avviare un dialogo con la Francia sui possibili prestiti.

La Francia, per la mostra sui cinquecento anni dalla morte di Leonardo, avvenuta nella Loira nel 1519, aveva bisogno del capolavoro più conosciuto al mondo per la mostra che inaugura il 24 ottobre al Museo Louvre. Dal canto suo l’Italia aveva bisogno di alcuni dipinti di Raffaello per celebrarlo nella mostra del 2020 alle Scuderie del Quirinale. Tuttavia la ex direttrice Paola Marini aveva detto di sì ad alcuni disegni, ma no al prestito dell’Uomo Vitruviano.

La decisione era stata rafforzata dal parere negativo dei funzionari che custodiscono il disegno che avevano ribadito un no deciso e dal comitato scientifico. Il motivo era la fragilità del disegno e il rischio che potesse succedere qualcosa. La situazione cambia nell’estate del 2018, quando inizia il governo giallo verde e il posto di Franceschini viene preso da Alberto Bonisoli.

Pochi mesi dopo, lo scorso ottobre, quando Marini va in pensione, subentra come direttore per avocazione il segretario generale Giovanni Panebianco, in attesa di una nuova nomina. Tra Italia e Francia ci sono degli screzi, tanto che sembra che la questione dei prestiti sia chiusa. In occasione delle presentazioni degli eventi per festeggiare Leonardo non si fa nessun accenno all’Uomo Vitruviano, fino a fine marzo, quando La Nuova Venezia viene a conoscenza di una mail segreta in cui si scopre che Panebianco chiede alle Gallerie, quindi in pratica a se stesso, di riconsiderare il prestito dell’opera. A quel punto si capisce che in realtà il corteggiamento dell’opera non si era mai assopito e che la Francia aveva trovato un interlocutore disponibile al prestito.

Tuttavia scatta un’ispezione all’interno delle Gallerie dell’Accademia che crea un clima di disagio e terrore. Lo stesso ministro Bonisoli si ritrova a non poter smentire e ne nasce un vero e proprio caso che sfuma con il passare dei mesi e una crescente incertezza nella politica interna. Nessuno sa che ad aprile la Francia chiede di nuovo l’Uomo Vitruviano. Si sa solo che, nello stesso periodo, il Mibac contatta l’Opificio delle pietre dure di Firenze e l’Istituto per il Restauro di Roma per una perizia. Entrambi gli enti danno l’ok al prestito, pur con molte precauzioni.

I primi di giugno Panebianco nomina l’attuale direttore Giulio Manieri Elia, informandolo delle pratiche in corso. Quando il governo cade, Franceschini riprende le fila di quello che aveva lasciato e accelera la questione dei prestiti, mantenendo riserbo fino all’ultimo.Lunedì sera le Gallerie firmano l’assenso al prestito, mentre l’autorizzazione alla partenza è ancora in attesa di una firma che comunque Manieri Elia ha già detto che farà. —

V.M.

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