Un’Epifania multietnica auguri in sette lingue

Don Nandino Capovilla, parroco della Cita e sacerdote impegnato in prima linea nel dialogo interreligioso e nella multiculturalità, ha deciso di celebrare l’Epifania dando spazio ai cittadini stranieri della comunità, invitati in chiesa nel giorno in cui Dio si è manifestato ai popoli di ogni razza e cultura. Un modo per condividere la fede degli uni e degli altri, vincere le paure, abbattere i muri spesso sono frutto di decisioni prese a tavolino.
«Sette lingue non bastano per l’Epifania dei popoli», spiega il sacerdote, «altro che tre statuine di improbabili magi nel presepio, alla Cita sono i volti e le lingue delle genti che stanno attraversando oggi i confini presidiati da egoismi nazionali, ad annunciare che Dio non abita più la Gerusalemme del potere (con l’Erode di turno) ma le frontiere di ogni latitudine». E ovunque si possono ricreare le condizioni per la convivenza pacifica.
Ecco allora che nella chiesa della Cita, sono saliti sull’altare sette cittadini, uomini e donne, ciascuno con la bandiera del Paese di origine, che senza annullare le proprie differenze hanno pregato ciascuno nella propria lingua: Ghita del Bangalore in “tamil”, Walburga camerunense in “farsi”, Monica bengalese in lingua “bangla”, Romeo in albanese, Gibi in senegalese, Nestor argentino, in “castigliano”. I magi, che nelle scritture rappresentano l’“Epifania dei popoli”, gli uomini arrivati seguendo una stella dai confini della terra che rendono omaggio al “Salvatore” recando doni, sono anche il simbolo dell’unità delle genti. «Anche noi, in cammino con la luce donata dal Dio della pace, siamo un regalo gli uni per gli altri», recitava il testo. «Protagonisti alla Cita i volti e le lingue dei popoli, che risuonano nello stesso quartiere della convivialità delle differenze», prosegue il sacerdote, «i tre magi rappresentano i popoli in cammino verso il Signore che nasce, non c’è più una Gerusalemme, ma Dio arriva da tutti i popoli e le frontiere, noi ci siamo ritrovati qui alla Cita in un posto di frontiera. Non c’è una “città santa”, tutta la terra è santa, ogni uomo è il tempio di Dio e il vero luogo da abitare sono le frontiere. Marghera è il posto giusto per ricordare a tutti che l'Epifania è cattolica, ma nel senso di universale».
Marta Artico
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia