«Un’altra morte annunciata all’Alcoa»
L’azienda parla di fatalità, ma per i sindacati si poteva evitare
«Le vittime di quest’ultimo infortunio all’Alcoa sono due: Mauro Calzavara morto l’altro ieri sotto le ruote di un carrello e il collega alla guidava del mezzo che si dispera e non riesce a darsi pace». Ieri - giornata di sciopero provinciale per tutti i metalmeccanici - all’affollata e tesa assemblea (presente anche l’assessore provinciale Giuseppe Scaboro) in sala mensa dell’Alcoa di Fusina, il segretario della Fiom-Cgil, Giorgio Molin, ha detto che «è inaccettabile paragonare quest’infortunio ad un incidente stradale: un operaio attraversa la strada e un altro, alla guida di un mezzo lo investe».
La versione dei sindacati. «No e poi no - ha tuonato il sindacalista tra gli applausi - questa è una ennesima tragedia annunciata perché è accaduta dentro un capannone dove, come hanno denunciato tante volte i nostri delegati alla sicurezza, gli spazi per operare sono limitati e pieni di pericoli, il personale insufficiente e le ore di lavoro tante, anzi troppe». All’indomani del secondo infortunio mortale al laminatoio della multinazionale americana Alcoa, i compagni di lavoro di Mauro Calzavara - 51 anni di età e 30 di lavoro nella stessa azienda che un tempo si chiamava Alumix - danno la loro versione dei fatti. «Qui si lavora come negli anni Sessanta - spiegano i lavoratori -, sotto lo stesso vecchio capannone, con meno gente e più produzione. E dopo otto ore di pesante lavoro molti di noi vengono chiamati anche 18 volte al mese a prolungare l’orario fino a 12 ore continuative, anche se si tratta del turno di notte. Con questi ritmi non si riesce nemmeno a riposare quanta basta, così spesso si lavora con tanta stanchezza e stress in corpo».
A chi chiede come sia possibile che chi era alla guida del carrello non si sia accordo di Mario e l’abbia investito, i suoi compagni rispondono in coro: «Venite a vedere come lavoriamo, così capirete». Perché, a sentir loro, chi opera sul gigantesco carrello che trasporta enormi rotoli di sfoglia di alluminio appena uscito dal forno, non può materialmente vedere quello che c’è davanti a lui. «Si avanza sperando che gli altri ti vedano, perché tu non vedi un’ostia per colpa dei rotoli di alluminio che hai appena caricato. Quando lo diciamo i capi ci rispondono che se non abbiamo la visuale libera davanti possiamo andare in retromarcia, così ci vediamo bene».
Ma non basta: «Il corridoio che il carrello deve attraversare è stretto e occupato ai lati da macchinari e postazioni di lavoro. Una volta, infatti, la movimentazione dei rotoli di alluminio roventi a 200 o 300 gradi, veniva fatto sul piazzale fuori del capannone, da una squadra di sei uomini che ora non esiste più, posti di lavoro tagliati per abbattere i costi fissi e aumentare la produttività».
Morti annunciate. Per i metalmeccanici si tratta, ancora una volta di una «morte annunciata». Come quella di Paolo Bellunato, 48 anni di Oriago morto il 14 gennaio 2006, schiacciato da due bancali di lamiere acctastate dentro il magazzino spedizioni di Alcoa. Stessa cosa per i due croati morti recentemente nei cantieri navali De Poli di Pellestrina - aggiunge Molin - anche in quel caso si dice che la colpa del secondo infortunio è del gruista che ha sbagliato manovra. Ma non è così, non basta l’elmetto per garantire la sicurezza, gli infortuni non capitano a caso e quello che appare come una distrazione o un errore umano è, invece, il frutto di troppo lavoro, stress, nessuna formazione alla sicurezza, spazi e mezzi inadeguati». La versione dell’azienda. Alcoa, dal canto suo «rinnova l’impegno a cooperare con tutte le entità su obiettivi e azioni per un luogo di lavoro sicuro e senza incidenti» e si dice pronta a «collaborare con le autorità nelle indagini ufficiali per definire le cause dell’incidente». «Per noi la vita umana al di sopra di tutto e la sicurezza è per noi di estrema importanza - afferma Celso Soares, direttore dell’Alcoa di Fusina -. La nostra società è conosciuta nel mondo per la sua attenzione alla sicurezza. Questo è un tragico incidente che dobbiamo analizzare, per capirne le cause, affinché non si ripeta».
Ieri il presidente di Alcoa Europa e il responsabile della sicurezza a livello mondiale, sono arrivati a Fusina per avviare «una immediata indagine interna». Alcoa, infine, ha offerto «assistenza e supporto» alla famiglia dell’operaio deceduto e ha «incontrato i rappresentanti sindacali per valutare l’accaduto e per proporre azioni congiunte per massimizzare la sicurezza». Le indagini. Il pubblico ministero, Rita Ugolini, ha intanto dato avvio all’indagine per accertare dinamiche e responsabilità dell’infortunio. Nei prossimi giorni ascolterà i responsabili dello stabilimento e i testimoni, a cominciare dal lavoratore alla guida del carrello che è stato affidato alle cure di un psicologo per il grave stato di shock in cui si trova. Oggi il medico legale, Antonio Cirnelli, effettuerà l’autopsia, dopo di che sarà possibile disporre del corpo per i funerali.
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