Truffavano le ditte di pesca, sette arresti

CHIOGGIA. Quattro chioggiotti, un mestrino e due polesani: i carabinieri di Adria e i finanzieri di Rovigo hanno eseguito ieri sette ordinanze di custodia cautelare del giudice veneziano Roberta Marchiori con le pesanti accuse di associazione a delinquere finalizzata alle truffe: avrebbero intascato oltre un milione di euro attraverso il commercio di pesce e di altri alimentari. I sette, stando alle indagini coordinate dal pubblico ministero Francesca Crupi, grazie anche al rodigino Paolo Poletti, il direttore di un’agenzia polesana della Hypo Alpe Adria Bank, che è finito sotto inchiesta oltre che essere stato oggetto di un procedimento disciplinare da parte dell’istituto di credito di proprietà austriaca. In carcere sono finiti il napoletano da anni residente a Chioggia Luigi Formisano, 65 anni, e il mestrino Stefano Carnio (47 anni), mentre sono finiti agli arresti domiciliari i chioggiotti Romeo Penzo (54), Alessandro Nordio (33) e Wioletta Biedka (40 anni, di origine polacca), infine Silvano Moretto (57, di Adria) e Gianna Bellan (25, Rosolina). La differenza di trattamento tra i primi due e gli altri si deve al fatto che Formisano e Carnio hanno precedenti penali specifici, mentre gli altri cinque sono incensurati: il primo, in particolare, pochi mesi fa - nel febbraio 2014 - era finito ai domiciliari per bancarotta fraudolenta della «Ionica srl», una società che commerciava in prodotti ittici. ma era finito nei guai anche alcuni anni fa.
La banda ordinava importanti quantitativi di pesce, soprattutto dall’Estremo Oriente, alimenti e anche carburanti a decine di ditte italiane e straniere, invogliandole a sottoscrivere il contratto in apparenza molto sostanzioso attraverso società riconducibili agli arrestati. Questi i nomi delle società che i sette utilizzavano: «Commerciale Perseo srl», «Italy import», «Emilfood srl», «Ristomar» e «Dmd Pesca». Poi, pagavano solo una minima parte dell’ordine, spesso neppure questa minima parte, quindi rivendevano in fretta e furia quanto era stato consegnato loro da aziende estere. L’operazione «Perseo», dal nome di una delle società, avrebbe messo in luce operazioni illecite per cinque milioni di euro. Il sistema che utilizzavano per raggirare le ditte straniere non era semplice ed era ben studiato: sfruttavano il fatto che per farsi consegnare la merce sbarcata dalle navi alla Dogana basta essere in possesso della documentazione di viaggio e la banda dei chioggiotti, in particolare Formisano, riusciva ad ottenere i documenti anche se non aveva versato le cifre pattuite. Inoltre, fingevano di aver pagato , comunicando di averlo fatto presso un’agenzia di una banca, che in realtà non esisteva. Già domani i due in carcere saranno sentiti per rogatoria dai giudici di Rovigo e Treviso, nelle sui carceri sono rinchiusi, mentre il magistrato che ha emesso le 7 ordinanze interrogherà i cinque ai domiciliari .
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia