Tre magistrati alle acque sotto accusa

Un milione e 577 mila euro, oltre a dodici anni di interessi, rivalutazione monetaria e spese legali. Tanto il vice procuratore generale della Corte dei Conti chiede a tre “generazioni” di Magistrati alle acque, citati a giudizio in un processo sul quale i giudici contabili della Corte si esprimeranno nei prossimi mesi. A difendersi dall’accusa di aver provocato un danno alle casse dell’Erario mancando nelle loro funzioni pubbliche saranno gli ex presidenti del Magistrato alle Acque Felice Setaro, Patrizio Cuccioletta, Maria Giovanna Piva e un dirigente membro della commissione tecnica, l’ingegner Vito Tarantini, mentre per la collega Maria Giovanna Ferialdi (nei confronti della quale la Procura contabile contestava il 40% del danno, per aver seguito il procedimento dall’inizio) è scattata la prescrizione.
A finire sotto la lente della magistratura contabile veneta - su esposto della sezione di controllo della stessa Corte dei conti - la gestione di un vecchio contenzioso per l’esecuzione di un importante intervento di restauro all’interno dell’Arsenale, appaltato all’impresa Fondedile. Era la fine degli anni Novanta. Erano seguite una lunga serie di osservazioni da parte della Soprintendenza, modifiche dell’intervento, sospensioni indotte dei lavori e conseguenti sforamenti nei tempi di consegna dei lavori. Tant’è, dopo essersi vista respingere una proroga per la consegna lavori, l’impresa aveva deciso di far causa al Magistrato alle Acque per i mancati pagamenti: ne era risultato un lodo arbitrale nel quale il Magistrato alle Acque aveva accettato (su intesa dell’Avvocatura di Stato) di pagare all’impresa 2 milioni di euro. Troppi, ritiene il vice procuratore aggiunto della Corte dei Conti Mingarelli, alla luce di una relazione del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza, che attribuisce alla mancata concessione della proroga, al rifiuto di procedere ad un accordo bonario con la ditta e all’«ingiustificato ritardo nella conclusione del collaudo», l’onerosità del lodo arbitrale. «Ci siamo attenuti alle indicazioni dell’Avvocatura di Stato», è la linea difensiva. «Ad avviso di questa Procura», si legge invece nell’atto di citazione, «restano rilevanti e decisivi per il verificarsi del danno erariale i comportamenti tenuti dai dirigenti del Magistrato alle Acque e dai membri della Commissione di collaudo laddove, i primi in particolare non hanno colto la opportunità di arrivare ad un accordo bonario con la ditta e i secondi hanno effettuato con grave ritardo ed ingiustificato ritardo la redazione del collaudo e la sua approvazione».
Parola ora alla Corte.
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