Tentato omicidio, il racconto del ferito

Il processo al sostituto gondoliere Alessandro Pellegrini, accusato di aver sparato al barista

VENEZIA. Il dipendente del bar “Collo Modì” di via Garibaldi, il 34enne egiziano Botros Amir Nadi, ha raccontato minuto per minuto che cosa è accaduto quella mattina del 17 settembre delo scorso anno, quando quello che per lui era appena un conoscente, il veneziano Alessandro Pellegrini, sostituto gondoliere di 36 anni, gli ha sparato.

«La pallottola mi è entrata dalla guancia e adesso è ancora là, sotto la nuca» ha spiegato ai giudici del Tribunale presieduto da Sara Natto, mostrando con il dito la traiettoria seguita dal colpo. Di fronte a lui era seduto Pellegrini, che da quel giorno è in carcere, accusato di tentato omicidio.

Ieri è cominciato il processo: Pellegrini è difeso dagli avvocati Renato Alberini e Giorgio Pietramala. «Erano circa le 11,30 quando è arrivato Alessandro con un amico, io lo conosco da tempo perché prima lavoravo al ristorante “Sottoprora” e lui veniva spesso a mangiare là. Ha ordinato uno spritz, poi mi sono girato e ho servito altre persone» ha cominciato a raccontare il barista stimolato dalle domande del pubblico ministero Giorgio Gava.

«Poi ho sentito cadere un bicchiere, era quello di Pellegrini, allora gli ho servito un altro spritz. Poco dopo mi ha detto che me ne avrebbe pagato soltanto uno, io invece ho insistito e gli ho fatto lo scontrino per due e lui ha cominciato a urlare, a inveire contro di me, comunque ha pagato ed è uscito dal bar, poi con il suo amico si sono fermati di fronte al locale, quindi si è infilato nella calle accanto guardando male». «Un’ora dopo», ha proseguito l’egiziano, che ora lavora in un ristorante vicino, «è entrato un uomo, io era girato perché stavo lavando dei bicchieri e ho sentito sparare un colpo, allora mi sono voltato e l’ho visto che caricava la pistola e la puntava verso di me ed ha sparato per la seconda volta». Ma chi era? ha chiesto il pubblico ministero. «Era Alessandro Pellegrini», ha risposto il testimone, che si è costituito parte civile, «e l’ho subito riconosciuto prima di tutto dal fisico, poi dagli occhi e infine dai vestiti. Aveva, come prima, una camicia chiara, i jeans e una felpa, ma la seconda volta aveva una sciarpa scura che gli nascondeva mezzo viso. Io, comunque l’ho riconosciuto subito poi sono caduto a terra».

I poliziotti della Squadra mobile lo hanno arrestato neppure due ore dopo, a riconoscerlo erano stati in tanti. E poi aveva già sparato sebbene con un altra pistole, qualche mese prima. (g.c.)

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