Stalking e maxi estorsione a un’imprenditrice: quarantenne condannato a sette anni
La vittima è un’imprenditrice, era andata dal notaio per pagare 600 mila euro. Salvata dal professionista. Il processo finisce tra le grida dei legali. In aula arrivano
i carabinieri

Lui, un quarantenne tunisino senza fissa dimora, operaio. Lei, coetanea, facoltosa imprenditrice. Il 26 novembre, al Tribunale di Venezia, si è concluso un processo complicato e - in alcuni passaggi - surreale, che per altro si è concluso con alte grida tra gli avvocati difensori e di parte civile, che hanno fatto accorrere in aula i carabinieri per placare gli animi.
La condanna
Iniziamo dalla fine: lui, l’imputato, è stato condannato a 7 anni e 3 mesi di reclusione per stalking, violenza privata, lesioni, un’estorsione da 600 mila euro con la minaccia di rendere pubblici video intimi. Già con il braccialetto elettronico al piede, sarà espulso dopo aver scontato la pena.
È stato però assolto dall’accusa di violenza sessuale nei confronti della donna, perché “il fatto non sussiste”: i rapporti che hanno avuto - almeno quelli - per il Tribunale presieduto dalla giudice Francesca Zancan sono stati consenzienti, prima di degenerare in un altro tipo di violenza. Concreti, infatti, sono stati ritenuti tutti gli altri reati contestati all’uomo, per il quale il pubblico ministero Roberto Piccione aveva chiesto una condanna a 8 anni.
Mantenendo l’anonimato dei protagonisti - per tutelare la parte civile - questo processo mostra una provincia che può essere ricca e brutale.
Una relazione tormentata
Secondo la difesa i due avrebbero avuto una breve relazione nel corso del 2022. Secondo la parte civile, la donna sarebbe stata costretta a subire rapporti sessuali, con la minaccia di denunciarla con inesistenti accuse di abusi sessuali. Su questo punto, si diceva, il Tribunale ha assolto l’uomo.
Resta, però, inalterato il quadro complessivo delle accuse di stalking, culminate in una doppia richiesta estorsiva: 11 mila euro ottenuti dall’imputato subito, più altri 600 mila che dovevano avvenire davanti ad un notaio. Se la donna non avesse pagato - ha ricostruito l’accusa - le sue immagini intime sarebbero state rese pubbliche. Ed è proprio il notaio, per nulla convinto dell’accordo che stava per presiedere, che ha dato il via alle indagini, convincendo la donna a presentare denuncia.
E lei ha raccontato di tre mesi di telefonate e invii di messaggi continui ed incessanti, pedinamenti, apparizioni sotto casa sua e dei familiari da parte dell’uomo. Stalking, per il codice penale, tale da procurare un così grave stato d’ansia, da spingere i familiari della donna a assumere un ex carabiniere in pensione come “guardia del corpo” della signora.
E proprio il body guard sarebbe stato vittima di un tentativo di speronamento della propria auto da parte del tunisino che «alla guida di un auto, effettuando un sorpasso e convergendo verso destra, compiva atti diretti in modo non equivoco costringere con la minaccia l’autista ad arrestare la marcia, senza riuscire grazie alle abili manovre poste in essere» dall’ex militare. Che però, poco dopo è stato aggredito con pugni ripetuti alla testa, riportando 10 giorni di prognosi.
L’estorsione
Di qui un crescendo, fino alla richiesta di danaro alla donna in cambio della promessa di sparire dalla sua vita: la difesa ha sostenuto che fosse l’imputato la vittima e si trattasse di un risarcimento, il Tribunale ha ritenuto il contrario.
Minacciando nuovamente di divulgare presunte molestie e abusi subiti (lui da lei) e di divulgare un video molto personale, costringeva la signora a consegnargli 11 mila euro, fino a pretenderne 600 mila per l’acquisto di un capannone. Poi la denuncia e ieri la condanna in primo grado. Potrà ricorrere in appello. —
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