Sequestrata la società di Massimo Dabalà

È accusato di traffico internazionale di cocaina. Il Tribunale ha nominato un amministratore straordinario per gestire i beni dell’uomo di Campalto
Interpress/=gf.tagliapietra.19.12.2014.- Traffico internazionale di cocaina.Massimo Dabalà
Interpress/=gf.tagliapietra.19.12.2014.- Traffico internazionale di cocaina.Massimo Dabalà

MESTRE. Per gestire i beni della società di Massimo Dabalà, arrestato per traffico internazionale di cocaina, è stato nominato un amministratore straordinario, il commercialista mestrino Danilo Capone, lo stesso professionista che ha amministrato i beni sequestrati all’imprenditore cinese di via Piave Keke Pan. A coordinare le indagini dei carabinieri sono stati i pm Carlotta Franceschetti e Walter Ignazitto, i quali avevano chiesto oltre a numerosi arresti anche un provvedimento di interdizione dalla professione per Renzo Menegazzi, il commercialista veneziano amministratore unico della “Signe srl”, la società proprietaria di due appartamenti a Campalto e titolare dell’assegnazione da parte dell’Agenzia del demanio di un terreno in riva alla laguna a Cavallino Treporti, dove Dabalà aveva intenzione di aprire un chiosco-bar. Il giudice non ha concesso ai pm il provvedimento di interdizione dalla professione e i rappresentanti hanno presentato appello al Tribunale del riesame per ottenerlo (udienza il 20 gennaio).

Stando agli investigatori, i beni della società e gestiti dal commercialista veneziano erano stati acquisiti grazie ai guadagni accumulati con il traffico di droga e per questo tutto è finito sotto sequestro. Oltre agli immobili, alla società erano intestate anche un’auto di grossa cilindrata e alcune imbarcazioni, che Dabalà avrebbe utilizzato per rifornirsi di cocaina e per nascondere poi la droga nelle barene attorno a Campalto dove abitava. Secondo il racconto di un collaboratore, bloccato un anno fa al confine triestino di Farnetti con nove chili e mezzo di droga, in un’occasione il pregiudicato avrebbe ricevuto un carico di cocaina andando sotto bordo ad una nave da trasporto proveniente dal Sudamerica, al largo delle costa veneziana. I carabinieri, infine, avrebbero seguito e immortalato Dabalà che con l’ex moglie nascondeva la droga all’interno di pentole a pressione, che sono a tenuta stagna, e le immergeva in pochi metri d’acqua con alcuni pesi in modo che rimanessero nel fango sul fondo. Particolari segnali gli permettevano poi di recuperarle a colpo sicuro.

Giorgio Cecchetti

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