San Donà. «Ho arrestato Maritan, ma la criminalità oggi è molto più sfuggente»

Antonio Merla va in pensione. E rievoca i tempi di Maniero, l’omicidio Mennella, il salvataggio di due passeggeri di un bus in fiamme 

L’intervista

L’ultimo giorno di onorato servizio è arrivato. È il carabiniere che ha arrestato Silvano Maritan dopo l’omicidio Lovisetto, quello che è rimasto ore accanto ad Antonio Ascione dopo che aveva ucciso la ex moglie Mariarca Mennella nel tragico femminicidio di Musile.

Il 56enne appuntato scelto con qualifica speciale Antonio Merla è ora andato in pensione. Era entrato nell’Arma nel 1983. Il primo encomio l’aveva ricevuto per aver salvato due passeggeri di un autobus in fiamme uscito di strada a Caposile. Ha trascorso tanti anni di servizio in silenzio, sempre sulla strada, al servizio della comunità. Ha visto cambiare il territorio, ha vissuto l’evoluzione della criminalità degli ultimi decenni, osservando, in qualche modo, i passaggi di consegne tra i capi.

Merla, lei passerà alla storia per l’arresto di Maritan nel 2016.

«Non fu una notte facile, lui era pronto a dileguarsi. Io e il collega ci siamo insospettiti nel vederlo in zona, dopo averlo riconosciuto. Così lo abbiamo bloccato per i controlli. Se non lo avessimo visto e non fossimo arrivati subito chissà. Poi ho trovato in un bidone il coltello utilizzato per pugnalare Alessandro Lovisetto a seguito di un alterco e allora lo abbiamo arrestato».

COLUCCI - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - ACCOLTELLAMENTO - I RILIEVI DELLA SCIENTIFICA AL CAFFE' LETTERARIO
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' - ACCOLTELLAMENTO - I RILIEVI DELLA SCIENTIFICA AL CAFFE' LETTERARIO


Era anche a Musile nella stanza dell’orrore in cui fu trovata morta Mariarca Mennella per mano del suo ex marito in preda alla gelosia.

«Quella fu una notte tremenda. Lui si era confessato al telefono, siamo arrivati sul posto. Era disperato. Ricordo la donna immersa in un bagno di sangue, agonizzante, i disperati tentativi di salvarla. Gli ho parlato per calmarlo prima dell’arresto. Ma c’erano anche tanti problemi, i luoghi angusti, lo spazio limitato di un piccolo appartamento, il pericolo di inquinare le prove. Non sono stati momenti facili».

Ricorda altri episodi?

«Nel febbraio 1988 durante servizio perlustrativo lungo litorale Lido a un miglio dal faro di Cavallino avevo salvato due pescatori. La loro imbarcazione si era rovesciata e rischiavano di morire per ipotermia. Allora ero ancora al Comando provinciale di Venezia Reparto Operativo Nucleo Natanti, imbarcato su una motovedetta costiera. Poi nel 1989 sono arrivato a San Donà».

Come è andata con il pullman in fiamme?

«Era il 31 ottobre 1994 e ho salvato con i colleghi uno dei due occupanti del veicolo in fiamme a seguito di una fuoriuscita di strada. Un pullman turistico francese con 48 studenti. Riuscimmo a salvarli tutti».



Oggi fanno scalpore le indagini per la mafia a Eraclea, la nuova criminalità che si fa strada: cosa è cambiato in questi anni?

«Direi molto. Ho iniziato negli anni in cui imperversava la mafia del Brenta, Maritan comandava nel basso Piave. C’erano anche i criminali al confino che iniziavano a lavorare con la nostra criminalità appena consolidata. Indagavamo i boss, sapevamo chi erano, era una lotta in cui comunque il rispetto per la divisa non è mancato quasi mai. Oggi affiora una nuova criminalità, anche straniera, c’è davvero di tutto e non è facile ricostruire le fila o intervenire nelle tante emergenze con il personale non sempre sufficiente nel numero che abbiamo nelle forze dell’ordine».

Cosa si sente di consigliare ai giovani carabinieri, lei che ha anche i suoi due figli nell’Arma?

«A tutti dico una cosa semplice quanto fondamentale: state all’occhio, sempre attenti e pronti. Chi lavora bene e con correttezza, ma determinazione, è sulla strada giusta». –

Giovanni Cagnassi

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