Rizzato Auto, inammissibile il concordato
Il Tribunale prende atto del voto dei creditori, fallimento più vicino

Concessionario Rizzato in città
I giudici del Tribunale civile non hanno potuto che respingere (o meglio lo hanno dichiarato inammissibile) il concordato preventivo di «Rizzato spa» e di «Alba srl», dopo che la maggioranza dei creditori aveva detto no alla proposta avanzata dal trevigiano Elvio Rizzato e dal figlio, in modo da evitare il fallimento. Per capire che cosa accadrà prossimamente sarà necessario attendere le mosse dei creditori - che potrebbero a questo punto presentare istanze di fallimento - e dei Rizzato, che potrebbero rinnovare la richiesta di concordato preventivo su basi diverse. Il primo a sostenere che non c'erano le condizioni economiche per un concordato era stato il commissario giudiziale nominato dal Tribunale, il commercialista veneziano Mario Tucci. Il professionista - concluso il suo lavoro sui registri contabili e sui documenti messi a disposizione dalle due società - aveva dato parere negativo: scriveva che il passivo in quel momento sfiorava i 30 milioni di euro e l'attivo non sarebbe stato in grado di coprire neppure un terzo di quella notevole cifra. Così i creditori, alcune centinaia, hanno votato e la maggioranza ha espresso parere negativo. Tre le sedi: oltre a quella di Tessera, a Spinea e a San Donà; fino al 2008 ben 230 dipendenti. La «Rizzato Auto» era la maggiore concessionaria di veicoli in provincia. Seimila automobili nuove immatricolate all'anno, più altri quattromila veicoli usati venduti, un fatturato di 90 milioni di euro. Concessionaria di numerose case, Fiat, Alfa Romeo, Lancia, Renault, Nissan, Dacia e Mazda. Nonostante questo, il 24 marzo scorso è posta in liquidazione e a maggio si scatenano le proteste: quelle dei clienti che hanno pagato e non hanno visto la macchina che attendevano. Si presentano davanti alle sedi della Rizzato e trovano tutto sbarrato, neppure i dipendenti sanno spiegare, almeno in quei giorni, che cosa davvero è accaduto, perchè sono tenuti all'oscuto. Ma il peggio arriva anche per loro: un centinaio di dipendenti finiscono in cassa integrazione. A causare il dissesto, la crisi che ha colpito le immatricolazioni nel settore auto.
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