Ragazzo in fuga racconta il suo Afghanistan

Quando si parla di minori stranieri non accompagnati, anche a Venezia, si parla di un problema per le amministrazioni locali che devono farsi carico, per legge, della loro permanenza nel nostro paese. Ma i giovani stranieri che cercano fortuna a casa nostra possono anche rivelarsi una risorsa.
Lo dimostra la storia di un ragazzo partito dall'Afghanistan, sua terra d'origine, a 10 anni senza saper leggere e scrivere nella sua lingua, deciso a fuggire via con il fratello, oggi a Londra, dopo la morte del padre, ucciso dai talebani. Un ragazzo che è arrivato a Venezia, al porto, a 16 anni, preso in carico dalla Questura e dai servizi. Gholam Najafi ha lavorato come muratore a Teheran e più volte ha tentato di raggiungere l'Europa. Ci è riuscito nel 2007. Oggi ha conseguito il diploma di scuola media superiore, si è laureato in Lingua persiano-araba, cultura, società dell’Asia e dell’Africa Mediterranea a Ca’ Foscari e lo scorso anno ha iniziato la laurea specialistica in “Lingua, politica ed economia dei paesi arabi”. Oggi, a quasi 25 anni (ma la sua vera età resta un mistero: nel suo paese non era stato registrato), si paga gli studi lavorando come portiere in un albergo veneziano e sogna di tornare nel suo paese a scrivere libri per bambini nella sua lingua madre, quella che ha imparato in Italia, studiando e lavorando.
A Murano ha trovato una famiglia che lo ha “adottato” ed ora cerca di diventare cittadino italiano. Con l'associazione “Una Strada” e l'amico Gianni Trotter gira le scuole per raccontare la sua storia, raccontata nel libro "Il mio Afghanistan". «In Italia sono arrivato per caso» racconta «Dell'Italia avevano sentito parlare solo per il calcio, quando l'Italia ha vinto il mondiale, io guardavo la partita in Turchia. Avevo già tentato due volte di arrivare in Europa. La prima volta volevo passare con il gommone, è stata la prima volta in cui ho visto un oceano e montagne di onde. Non avevo paura perché sapevo che se tornavo indietro in Afghanistan la situazione sarebbe stato assai peggio che annegare nel Mediterraneo. La seconda volta ho tentato di passare via Bulgaria».
Alla fine è riuscito ad arrivare nascosto in un camion al Porto di Venezia in traghetto. Di quel giorno ricorda «di essere arrivato senza neanche capire dov’ero (la zona industriale di Marghera, ndr). Ho chiesto, a cenni, a due signore di raggiungere la polizia e mi hanno prima offerto cappuccino e brioche, poi mi hanno indicato la strada per l'ufficio immigrazione». Ora Gholam è in parte veneziano: «A Murano vivo dal 2008, con la mia terza famiglia. Se ho potuto scrivere la mia storia e se sono diventato scrittore è grazie a loro e alla mia professoressa Eloisa Abrate. Io dopo i 18 anni dovevo uscire dalla comunità e trovarmi un lavoro ma quella vita sarebbe stata davvero dura perché non sapevo né la lingua e né avevo esperienza di lavoro. La mia famiglia mi ha mandato alle medie, a seguire i corsi delle 150 ore e mi hanno accompagnato all’iscrizione alla scuola superiore. Oggi, ogni volta che vado in Afghanistan, vado con la sicurezza che non rimango lì perché ho qui la mia famiglia italiana. Se pensa a quel viaggio si sente fortunato? «Sì, se penso come un immigrato» risponde «ma sono pieno di dolore per quanti oggi lasciano la loro terra perché c'è la guerra. Io sono nato in montagna, a 4 anni portavo già a pascolare le pecore. Nella mia lingua natale non sapevo scrivere, non si usava la penna ma usavamo la cenere della cucina dove mia madre cucinava. Non ho mai imparato a scrivere e leggere, ancora faccio molta fatica. Ma ora la mia vita è molto cambiata, penso soprattutto a una vita in pace che forse ho trovato solo qui in Europa. In Iran e altri paesi ero un clandestino e vivere da clandestino significa che non esisti».
Chiediamo a Gholam se a suo avviso l'Italia può continuare ad accogliere immigrati. «Sono molto triste per tutto quello che sta succedendo, non so quanto l'Italia possa ancora accogliere perché l'immigrazione non finirà finché ci sono guerre» racconta «L’Italia non può più accogliere e alle prossime elezioni, nel 2018, il tema dell'accoglienza dei migranti sarà centrale vista anche la crisi economica e la disoccupazione. Tanta gente è stufa di vedere tutti questi immigrati e sinceramente non penso che si risolva tutto con la chiusura dei confine. L’Italia è un grande paese. Porre dei freni, forse, bisogna, Ma prima occorre porre freni alla guerra che l’Onu non è mai riuscito in tutti questi anni a fermare».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia