Porto Marghera: giù anche gli impianti del Caprolattame

Syndial (Eni) prevede di smantellare o lo stabilimento che produceva la materia prima per il nylon entro la metà del 2018
Marghera 31/03/01 fuga di gas stabilimento Enichem (C) Bertolin M. richiesto da Mion
Marghera 31/03/01 fuga di gas stabilimento Enichem (C) Bertolin M. richiesto da Mion

PORTO MARGHERA. La seconda torre del cvm di Vinyls, ancora in piedi, sarà abbattuta con una carica esplosiva appena conclusa la Mostra del Cinema e dopo toccherà all’ultimo grande impianto chimico chiuso da anni e ancora in piedi.

Nelle vicine aree dell’ex Montefibre, dell’ex impianto di acido solforico di Enichem –– acquistate qualche anno fa dall’Autorità Portuale per realizzare un nuovo terminal – e del cvm/pvc di Vinyls le demolizioni sono state ultimate e si aspetta l’avvio della messa in sicurezza.

PIù di cento ettari da riutilizzare. Mancavano gli impianti del Caprolattame dell’allora Enichem, ora Syndial (Eni), per completare le demolizioni di un’area totale di oltre cento ettari racchiusa nella Macroisola del Nuovo Petrolchimico, tra i canali industriali Ovest e Sud dove è prevista la realizzazione di un nuovo e grande terminal portuale e logistico che potrebbe anche essere in parte utilizzata per allargare la “zona franca doganale internazionale”, richiesta a gran voce dalle forze politiche e sociali veneziane e per la quale è stato costituito un apposito tavolo istituzionale presso il ministero dello Sviluppo Economico.

Le demolizioni in corso. Syndial – la società dell’Eni specializzata nella bonifica e messa in sicurezza delle aree che ospitavano produzioni ormai dismesse per sempre – ha avviato nel gennaio scorso i lavori di demolizione degli impianti Caprolattame, che si prevede di completare entro il giugno 2018.

Attualmente si sta realizzando completando la rimozione delle coperture, degli isolanti e di tutte le strutture accessoriei.

Tra dicembre e gennaio 2018 Syndial prevede di iniziare la demolizione degli impianti più alti con l’ausilio di una gigantesca gru di adeguata altezza e portanza, per poi procedere con le strutture portanti che saranno demolite con l’utilizzo di un mezzo munito di enormi cesoie meccaniche.

Gli impianti del Caprolattame occupavano cinquecento lavoratori diretti più altrettanti di indotto e, come il resto del Petrolchimico, erano dotati di un ciclo di produzione strettamente integrato con i vicini impianti Asd (acido solforico) recentemente demoliti.

La materia prima del nylon. Gli impianti del Caprolattame – messo in marcia nel 1961 con una capacità produttiva di circa 120.000 tonnellate/anno – producevano un intermedio per la produzione del “nylon 6”, ovvero il poliammido per fibre sintetiche.

La proprietà dell’area e degli impianti è passata da Montedison ad Enichem all’inzio degli anni Novanta che li ha progressivamente fermati a partire dall’anno 2003. Nel 2004, malgrado la dura lotta dei lavoratori, le prese di posizione delle amministrazioni pubbliche e lo schieramento trasversale di politici locali e parlamentari che ne chiedevano il salvataggio, è stato completato il processo di dismissione e fermata definitiva anche degli impianti del Caprolattame.

Salvataggio impossibile. Qualche speranza di evitare la chiusura s’era aperta con l’interessamento del gruppo il gruppo tessile bergamasco Radici che in un primo momento aveva annunciato l'acquisizione del Caprolattame di Porto Marghera – attraverso una “joint venture” con la fantomatica Società Finanziaria Cremonese – ha fatto marcia indietro.

Del resto la produzione della materia prima del nylon 6 – come denunciava l’allora presidente di Enichem, Carmine Cuomo – causava perdite in bilancio di 50 miliardi di lire l’anno.

Per ribaltare la situazione i lavoratori, dietro le bandiere dei sindacati dei chimici di Cgil, Cisl, Uil, si erano spinti a occupare per qualche ora la stazione ferroviaria di Mestre, bloccando i binari e poi un gruppo di loro è salito si è accampato per qualche giorno nella Torre Civica di Mestre.

Alla fine, non restò che prendere atto della inevitabile chiusura degli impianti, vecchi, ad alto impatto ambientale e non più redditizi alla luce degli alti costi energetici per mantenerlo attivo a Porto Marghera e della crescente competitività dei paesi produttori di petrolio che cominciavano a costruire una loro industria petrolchimica.

Enichem, in ogni caso, non licenziò nessuno, tutti i dipendente del Caprolattame sono stati progressivamente impiegati in altre società chimiche di Eni e in particolare della neocostituita Syndial spa.

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