Pasqual torna in carcere per una rapina a Modena

Il gangster di San Donà si era presentato a casa delle vittime come finanziere Con i complici aveva puntato una pistola con il silenziatore contro un ragazzo
foto per andrea iannuzzi da cecchetti
foto per andrea iannuzzi da cecchetti

MODENA. Adriano Pasqual, 59enne di San Donà di Piave, gangster di primo piano, legato alla Mala del Brenta dei tempi di Felice Maniero è tornato in carcere con l’accusa di rapina. Con lui dietro le sbarre è finito Salvatore Loreto, 51 anni, casalese residente a Sant’Agata Bolognese, imprenditore edile. I due che si conoscono da molti anni, li lega il famoso patto tra la Mala del Brenta di Felice Manaiero e i primi casalesi a Modena, quelli della gang di Rafilotto, gli uomini che 20 anni fa si spartirono le bische.

Con loro altri tre complici per ora senza volto, una giovane veneziana sprovveduta denunciata. E un altro arresto, questo ai domiciliari: quello dell’architetto del colpo: il modenese Aires Gilioli, 65 anni. Al centro della rapina il desiderio di vendetta del Giglioli in casa di chi l’avrebbe imbrogliato. Ma la rapina è degenerata in violenza brutale che ha coinvolto anche il figlio minore della vittima: un ragazzo al quale è stata puntata alla tempia una pistola. La vittima e la moglie hanno raccontato tutto alla Squadra Mobile della Questura di Modena avviando le indagini. Che ora sono concluse con il recupero di gran parte del bottino: gioielli per 300mila euro e vasi etruschi di valore molto superiore. È Gilioli ad aver lavorato alla mediazione per la vendita di un immobile della vittima, un facoltoso imprenditore di Serramazzoni con moglie e figlio minorenne. Ma quando l’affare va in porto e la cessione è rogitata in lui nasce il rancore sul mancato pagamento della quota concordata. Così il mediatore medita la vendetta. Vuole i vasi etruschi di inestimabile valore di chi l’ha ingannato. Sa che ha dei gioielli preziosi e vuole anche quelli. I vasi etruschi erano già in vendita e Gilioli aveva iniziato una trattativa. Così quando l’imprenditore lo mette alla porta, organizza il colpo grosso. Chiama Loreto. Lo fa passare per un collezionista svizzero di antichità e convince il nuovo mediatore a fissare un appuntamento nella casa dell’imprenditore.

Quel giorno, nel marzo scorso, in casa si trovano la famiglia delle vittime, il nuovo mediatore e il finto acquirente. Che finge di aspettare una delegazione svizzera. Ma in casa fa irruzione la banda. Sono quattro vestiti da finanzieri, tutti armati e con pettorine. Terrorizzano, legano tutti, minacciano, puntano la pistola al ragazzo. Prendono il bottino e spariscono. La Squadra mobile inizia con pazienza a sbrogliare la matassa. Viene inchiodato Pasqual: è il finto finanziere violento con accento forte e chiassoso. Gli agenti cerchiano la sua foto e vanno a caccia di prove su di lui. Rovistano tra i cartellini autostradali al casello di San Donà e trovano quello di quel giorno. Sopra c’è la sua impronta digitale. A Loreto ci arrivano poco dopo. Perquisiscono le case. E in una stanza di Gilioli trovano i vasi. I gioielli verranno recuperati in estate all’aeroporto di Venezia. Li porta una ragazza veneziana scesa dal volo di New York. Li trasporta senza saperlo.

Ora è caccia aperta agli altri tre banditi. Ma al di la degli arresti resta il trauma subito dalla famiglia e dal minore in balia dei falsi finanzieri che hanno puntato la pistola sulla fronte del ragazzo. «Per otto giorni non ha parlato», hanno detto i genitori e quando l’ha fatto ci ha confidato, «Non ho mai avuto paura di morire, sapete?, Avevo paura che vi uccidessero». (c.gre.)

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