Omicidio di Isabella, condanne definitive Trent’anni ai Sorgato, 16 a Manuela Cacco

camponogara
La prima sezione della Corte di Cassazione ha deciso: tutti colpevoli, come aveva dichiarato la sentenza di primo grado e poi i giudici di appello. Trent’anni di carcere per il ballerino-camionista Freddy Sorgato, 50 anni. Trent’anni per la sorella Debora Sorgato, 48. E 16 anni e 10 mesi per la complice, la veneziana di Camponogara Manuela Cacco, che a un mese dall’arresto si “pentì” raccontando (ma solo in parte) il retroscena dell’omicidio di Isabella Noventa, la fase organizzativa e il maldestro tentativo di depistaggio.
Tre ore e mezzo di camera di consiglio dopo un’udienza iniziata alle 10 e conclusa alle 14. Intorno alle 17.30 la Suprema Corte ha rigettato tutti i ricorsi formulati dai difensori degli imputati: l’avvocato Pierluigi Pieraccini (Freddy Sorgato); i legali Cristiano Pippa e Giampaolo Cazzola (Debora Sorgato); gli avvocati Alessandro Menegazzo e Fabio Dei Rossi (Manuela Cacco).
Presenti (e soddisfatte dell’esito) le parti civili, l’avvocato Stefania Lazzaro (per la famiglia della vittima, in aula il fratello Paolo Noventa) e l’avvocato Ernesto De Toni (per l’ex marito di Isabella, Piero Gasparini). Giudizio di legittimità e non di merito quello dei giudici di terzo grado. Le difese avevano confutato più punti delle motivazioni alla base della sentenza d’appello, criticandone coerenza, logicità ed erronea applicazione della legge in particolare per quanto riguarda l’aggravante della premeditazione.
Tutto inutile. Si chiude così in via definitiva un caso di cronaca che ha fatto parlare l’Italia intera. E si chiude con un gioco allo scarica-barile, almeno per quanto riguarda i due principali ed enigmatici protagonisti (i due fratelli) che hanno cercato di salvare il salvabile, imputando a Cacco ogni responsabilità, fino all’esecuzione materiale del delitto.
In aula cambio di rotta per le difese dei Sorgato. L’avvocato Pieraccini ha negato la morte di Isabella durante un gioco erotico, tirato in ballo da Freddy (l’uomo sotto pressione puntava solo a difendere la sorella). E ha criticato «la valutazione dei giudici di merito di prendere la Cacco per buona» soltanto a metà. Le due sentenze di condanna «sono state costruite sulle dichiarazioni di Cacco che da un lato ha escluso la premeditazione e dall’altro la partecipazione di Freddy al delitto». E allora cosa sarebbe accaduto? Al massimo – secondo l’avvocato Pieraccini – poteva essere contestato il favoreggiamento a carico di Freddy avendo partecipato alla messinscena: il travestimento di Manuela Cacco, fatta sfilare di notte davanti alle telecamere del centro storico di Padova per avvalorare la tesi di una scomparsa volontaria di Isabella.
E poi la distruzione del cadavere. Per la prima volta la difesa di Debora non ha negato l’incontro notturno nella villetta di Freddy, a Noventa Padovana, tra la loro assistita e la vittima alla presenza di Cacco e Freddy.
Tuttavia ha cercato di ribaltare la versione di Cacco, attribuendo a lei l’omicidio e la sua ideazione. Tutte d’accordo le difese sulla mancata premeditazione: nessun piano omicidiario, casomai solo l’obiettivo di un chiarimento sulle denunce per stalking firmate da Isabella Noventa.
Un punto toccato anche dal procuratore generale che aveva chiesto l’annullamento della sentenza (con nuovo processo in appello) solo per il reato di stalking pronunciato nei confronti della Cacco. Istanza non accolta, come sono state rispedite al mittente le richieste della difesa di Cacco (condannata a 15 anni per l’omicidio volontario premeditato, un anno e 10 mesi per stalking e simulazione di reato).
È la notte tra il 15 e il 16 gennaio 2016 quando si consuma il feroce omicidio di Isabella Noventa, l’impiegata 55enne di Albignasego inghiottita nel nulla dopo una serata in pizzeria con l’ormai ex fidanzato Freddy Sorgato. Il suo corpo non sarà mai più ritrovato.
Per un mese si rinnovano in tivù gli appelli dei familiari che mai credono a un allontanamento volontario, mentre Freddy si rivolge a lei invitandola a farsi viva. Il 16 febbraio i tre vengono convocati in questura. E scattano gli arresti.
Per la giustizia il caso è chiuso: Debora ha ammazzato Isabella, colpendola sul capo con una mazzetta, strangolandola prima di infilarle un sacchetto di plastica in testa. Il suo corpo è stato distrutto dai due fratelli. E nel tentativo di ritrovarlo è pure morto un poliziotto sommozzatore. Si chiamava Rosario Sanarico. —
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