Negozi storici, la crisi ne ha chiuso uno su cinque

La crisi non rispetta neppure la storia. Da quando è cominciata, il 2008, nella zona centrale di Mestre quasi una bottega “tradizionale” ogni cinque ha chiuso i battenti. Bar, gastronomie, alimentari, gioiellerie, negozi di elettronica, agenzie di viaggio: tutte attività nate anche più di mezzo secolo fa, sacrificate a una congiuntura economica negativa e a politiche locali considerate fallimentari dai diretti interessati. Chi resiste, lo fa grazie alla particolarità e alla qualità dell’offerta, aiutato solitamente da una clientela affezionata.
Dal nostro monitoraggio fra le botteghe storiche mestrine, emerge sostanziale sfiducia: quattro negozianti su cinque non intravedono la ripresa del commercio cittadino. Seguendo la “guida alle botteghe storiche e di tradizione di Mestre” della Confesercenti pubblicato proprio a ridosso della crisi , abbiamo monitorato oltre cento negozi con almeno mezzo secolo di storia. Le attività in questione si trovano nel centro, ma anche in vie più periferiche, come Corso del Popolo, via Piave, via Cappuccina. Ebbene, su 105 botteghe registrate a suo tempo dalla guida (2008), venti hanno chiuso i battenti. In centro hanno ceduto il passo agenzie di viaggio come Rallo di piazza Ferretto (1952), locali con un secolo di storia come Al Calice (1900) o la gastronomia Pasquetto di via Palazzo (1904), negozi della tradizione tessile come la Singer sempre di via Palazzo (1952).
In questa situazione precaria, le botteghe storiche che resistono lo fanno grazie a un mix di ingredienti riassunti da Michele Gatto, titolare dell’omonima ottica di Galleria Matteotti (1952). «L’affitto è onesto», spiega il commerciante, «da parte nostra cerchiamo di distinguerci per la professionalità e per la qualità dei nostri occhiali».
Anche dalla pizzeria Garibaldi di via Palazzo (1955), si conferma l’importanza dell’offerta: «Noi produciamo la nostra pizza in modo tradizionale», spiegano i fratelli Franco e Stefano Rampazzo, «per esempio utilizziamo ancora la pala in legno di faggio».
Le ricette possono essere varie, come suggeriscono da Nostran Calzature (1932): «Noi cerchiamo di rinnovarci continuamente. Ma le politiche di mobilità su Mestre e l’arredo urbano non aiutano».
Proprio parcheggi e zone a traffico limitato, oltre ai centri commerciali, sono la spina nel fianco per i commercianti storici mestrini. «Qui noi cerchiamo di sopravvivere», commenta Silvia Angeloni di Angeloni Fine Arts in galleria Matteotti (1927). «Ci siamo specializzati in più campi e tutti ci conoscono. Però la mancanza di parcheggi e le zone a traffico limitato ci penalizzano».
Adriana Feletto delle mercerie La Torre (1935), oltre alla mobilità e alla grande distribuzione annovera fra i problemi l’arredo urbano, «assolutamente inappropriato».
Dalla Macelleria Sartore di via Palazzo, 115 anni di storia, Denise Sartore conferma i problemi di mobilità. «Bisognerebbe sospendere le zone a traffico limitato almeno nel fine settimana». Simone Segalin, la cui famiglia dal 1920 gestisce il calzolaio di via San Pio X, intende spostare l’attività in centro storico. «Pensiamo ci siamo migliori prospettive a Venezia». In tale contesto, 4 negozianti su 5, non vedono l’uscita dal tunnel per il commercio mestrino. Fra le poche voci fuori dal coro, quella proveniente dal negozio di abbigliamento Zancanaro di piazza Ferretto (1898): “Ci sono progetti come la galleria Barcella e l’M9 che possono aiutare al rilancio del commercio mestrino».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia