Né turisti né ristori. La maschera triste degli artigiani veneziani senza più il Carnevale

La storia
L’anno scorso il Carnevale era arrivato come una salvezza. Dopo il disastro dell’acqua alta del 12 novembre 2019 i mascareri avevano iniziato a respirare grazie ai turisti che tornavano a Venezia. Il Covid era già un problema, ma solo per l’altra metà del pianeta. Finalmente si lavorava: feste, laboratori, film, senza contare le maschere su misura. Questo Carnevale invece verrà ricordato con una grande tristezza, ma soprattutto con una grande preoccupazione.

Non avendo un codice Ateco, molti artigiani non hanno ricevuto quasi nessun ristoro e, quindi, non vedono futuro. «Le maschere che indossiamo oggi sono quelle dello sconforto perché il nostro lavoro è strettamente collegato al turismo», spiega Francesca Cecamore, presidente dell’associazione culturale Compagnia l’Arte dei Mascareri e figlia del maestro Franco della bottega Kartaruga, «chiediamo al Comune, ai parlamentari veneti e alla Regione di farsi portavoce con il governo affinché ci aiutino, come del resto hanno aiutato altre professioni legate al turismo».
Dall’inizio del lockdown gli artigiani specializzati nella realizzazione delle maschere hanno ricevuto pochi ristori: oltre ai 1.800 euro di marzo, aprile e maggio hanno ricevuto il 15% della differenza del fatturato del giugno del 2019 e del giugno 2020, poi basta.

«Per mascarer si intende chi inizia e chi finisce la maschera e a Venezia non arriviamo a dieci persone che seguono tutto il ciclo», spiega lo storico Sergio Boldrin, 63 anni, nella Bottega dei Mascareri dal 1984. «Vorremmo che quest’arte venisse conosciuta perché la maschera non è considerata alla pari del vetro. Si deve capire che facciamo cultura perché portiamo avanti una tradizione che appare fin dai primi Carnevali di fine 1100».
Per Augusto Maurandi, anche artigiano di Carta Alta, il rischio è che un mestiere come questo si possa estinguere: «Bene che alle guide siano arrivati 7000 euro, ma non è il solo lavoro che senza turismo non sopravvive», spiega. «Per fare una maschera ci vuole ricerca oltre che manualità e creatività».

Della stessa opinione Hamid Seddighi che, con Mercedeh Azar, da 35 anni a Ca’ del Sol, è un punto di riferimento.
Quest’anno a Ca’ Vendramin Calergi si terranno iniziative online per il Carnevale con uno spazio dedicato anche alle maschere. «Dovevano arrivare 60 mila euro dall’ultimo Comitatone che spettavano alla città, ma poi sono stati dirottati sulle attività portuali», dice l’assessore al Commercio, Sebastiano Costalonga.
«Vogliamo dare risposte a categorie come questa perché se chiudono si perde un mestiere che fa parte della città come i suoi monumenti. Nel Protocollo intesa per Venezia, ratificato ieri, viene scritto che non appena arriveranno i soldi chiesti allo Stato ci saranno delle forme di premialità a chi agevola questo tipo di attività». —
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