Muore a 46 anni in attesa di trapianto, il marito: «Acconsentite alla donazione»
Maela Donadello, trapiantata dopo un’epatite fulminante nel 1998, era in lista d’attesa da tre anni. Pochi giorni fa una complicanza fatale dopo il ricovero in ospedale. Lascia anche un figlio e i genitori

Mamma muore a 46 anni in attesa di un secondo trapianto al fegato, dopo averne già avuto uno nel 1998. Maela Donadello lascia il marito e un figlio.
«Nel 1998» ricorda il marito Roberto Furegon «dopo un’epatite fulminante Maela era stata sottoposta a un trapianto del fegato. L’operazione andò bene e per anni lei non ebbe grossi problemi, a parte ovviamente tutti quelli legati alle cure necessarie ai trapiantati. Dopo la nascita di Alvise, nostro figlio, lei ha continuato a lavorare per tanti anni come impiegata all’Adp, una grossa azienda.
I problemi sono ricominciati nel 2015 quando si è palesato il rischio di una cirrosi epatica. È stato fatto allora un intervento di ossigenazione alle vie biliari. Anche quel problema sembrava finalmente risolto».
La vita del fegato trapiantato, però, è di circa 20 – 25 anni. E ora a Maela serviva un nuovo trapianto.
I problemi legati alla funzionalità dell’organo si erano fatti sempre più frequenti nel corso degli ultimi mesi.
«Maela» racconta il marito Roberto «le aveva sempre superate con grande impegno e senza mai lasciarsi andare.
Accanto ha sempre avuto la sua famiglia e aveva un grandissimo coraggio e forza. Ora stava aspettando un nuovo trapianto: era in lista da tre anni ed era prima in graduatoria nazionale per ottenere un trapianto, che purtroppo non è arrivato in tempo».
La 46enne, nonostante le difficoltà che la vita le aveva messo davanti, era sempre entusiasta e faceva tanti progetti per il futuro.
Lunedì scorso è arrivata una complicanza e una lesione ad una arteria le è stata fatale, dopo il ricovero a Padova. I funerali si terranno lunedì alle 15.30 nella chiesa di San Nicolò di Mira.
La donna lascia il marito Roberto, il figlio Alvise, la mamma Daniela, il papà Adriano, la sorella Giorgia, i cognati, i nipoti, la suocera Laura. Il feretro arriverà in chiesa dall’obitorio dell’ospedale di Padova.
Dal marito Roberto arriva un appello a consentire alla donazione degli organi e a devolvere eventuali offerte in favore della casa di Santa Rita di Padova, una struttura di cui lei era benefattrice.
«Si tratta di una sorta di albergo – alloggio per le persone in attesa di trapianto che è molto utile ai pazienti e alle loro famiglie prima e dopo l’intervento» spiega il marito.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia