Martellago. Uccisa al nono mese di gravidanza, nessun indennizzo dalla presidenza del Consiglio
Negati 80 mila euro ai parenti di Jennifer Zacconi, la ragazza di 22 anni di Olmo di Martellagoche nell'aprile del 2006 fu uccisa al nono mese di gravidanza e sepolta in una buca dal suo amante

MARTELLAGO. A quasi 14 anni di distanza, la vicenda di Jennifer Zacconi scrive un altro capitolo. Per la Corte d’Appello di Roma, il nonno Giuseppe Giannone e la mamma Anna Maria Giannone non hanno diritto a ottenere un indennizzo di 80 mila euro dalla Presidenza del Consiglio.
Lo hanno deciso i giudici della prima sezione civile, che hanno ribaltato la sentenza di primo grado: a loro giudizio, a favore dei parenti non può essere applicata la direttiva europea del 2004 per le vittime di reati violenti commessi negli Stati dell'Unione.
I parenti della ragazza, seppellita e poi morta a 20 anni nell’aprile 2006 a Olmo di Martellago da Lucio Niero, sono difesi dall’avvocato Claudio Defilippi, che ha già annunciato ricorso in Cassazione ed, eventualmente, alla Corte di Strasburgo e alla Corte europea dei diritti umani de L’Aia.
Insomma, la faccenda non si chiude qui e altre vicende sono pronte per essere scritte. Per il delitto è stato condannato a 30 anni di reclusione proprio Niero, che all’epoca ebbe una relazione con la giovane, che rimase incinta e fu uccisa a pochi giorni dal parto. Da subito Niero, sposato e padre di due figli, era stato indicato come il padre del nascituro che non voleva riconoscere.
Niero era stato condannato a una provvisionale di 80 mila euro in favore della madre di Jessica e di 85 mila euro ad altri suoi congiunti. Anche dall’ammissione di Niero al gratuito patrocinio era, però, emersa la sua impossibilità di liquidare la somma.
Da qui la richiesta della madre e del nonno di Jessica di condannare la Presidenza del Consiglio e il Ministero della Giustizia per non aver attuato la direttiva europea numero 80 che conferisce «alle singole vittime di reati intenzionali violenti, alle quali non sia stato possibile conseguire il risarcimento del danno del reo, il diritto a percepire dallo Stato membro di residenza l’indennizzo equo e adeguato». E in effetti in primo grado nel 2013 il giudice civile di Roma aveva condannato la Presidenza del Consiglio a risarcire 80 mila euro alla madre e al nonno di Jennifer.
Per i giudici di secondo grado, invece, «deve ritenersi che la direttiva non sia rivolta alla tutela delle vittime di reati commessi nei rispettivi territori nazionali avendo invece il fine precipuo di armonizzare i singoli ordinamenti nazionali sì da conferire tutela alle cosiddette situazioni transfrontaliere».
E ancora: «La nozione di vittima va assunta in senso proprio, limitandola al soggetto su cui è caduta l’azione delittuosa, apparendo estranea, in linea generale, alla finalità di garanzia della libera circolazione un sistema indennitario in favore di altri soggetti, non coinvolti nell’esercizio di tale diritto. Ne consegue che nella nozione di vittima contemplato dalla direttiva europea non possono rientrare i parenti con conseguente insussistenza di un diritto “iure proprio” all’indennizzo previsto dalla direttiva».
Per il legale dei Giannone, esiste una legge del governo Renzi che prevede che lo Stato, in casi del genere, debba essere tenuto a pagare sino a 8 mila euro. Troppo poco, per l’avvocato, ma i giudici non hanno tenuto conto nemmeno di questo.
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