Le foto della disperazione Marco è sempre più provato

In una ha la barba lunga, nell’altra l’ha in parte tagliata male sta piangendo per il gran caldo che gli sta facendo scoppiare la testa. Sono le immagini più recenti di Marco Zennaro che dal 1° aprile è prigioniero in Sudan. Sono un selfie che si è scattato lui e uno screenshot fatto dai famigliari durante una videochiamata. Colpiscono di quelle immagini che risalgono a dieci giorni fa la sofferenza che ha minato i tratti del volto è spento la luce nei suoi occhi. Proprio in queste ore ci dovrebbe essere quella svolta che famiglia e amici, ma soprattutto lui, si attendono: la messa ai domiciliari in un albergo dopo il versamento dei 700mila euro pretesi dalle autorità sudanesi. I soldi, messi assieme dalla famiglia, sono arrivati sul conto corrente dell’Ambasciata italiana a Khartoum, dove Marco è prigioniero. Ora l’ambasciatore o un suo incaricato, ufficialmente, dovrà portare i soldi, quando sarà richiesto, al magistrato che sta gestendo il processo, se quanto sta succedendo all’imprenditore si può ancora chiamare così.
Consegna che stando a quanto determinato la scorsa settimana in un’ennesima udienza davanti al giudice, era stato stabilito avvenisse tra ieri e oggi. A ieri sera i famigliari non ne sapevano nulla e a quanto è trapelato da Khartoum, la consegna, per l’ennesima volta, sarebbe stata posticipata.
Ora per la famiglia c’è anche la preoccupazione che i soldi raccolti per la liberazione finiscano nelle mani delle autorità, cioè di coloro che dovranno decidere sulla messa ai domiciliari dell’imprenditore. Per questo si augurano che l’ambasciata sia garante di questo.
Nell’ultimo appello fatto arrivare in Italia, attraverso i famigliari alcuni giorni fa, Marco ha detto: «Sono ostaggio di un sistema senza regole. Vi prego, riportatemi a casa dalla mia famiglia. Questa prigione è l’inferno e in me vedono un uomo già morto».
La situazione però nonostante tutti gli sforzi non si sblocca. Infatti nonostante almeno due decisioni del giudice di non procedere penalmente nei confronti di Zennaro, l’imprenditore resta prigioniero per volere di Abdallah Esa Yousif Ahamed, il vero finanziatore della Jallab Company, la società che aveva acquistato la fornitura di trasformatori. È un uomo che in Sudan ha potere e tante risorse. —
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