Il conto del disastro: 50 milioni

Summit tra le autorità locali, serve lo stato di emergenza. Venerdì attese le prime scelte del governo Prodi
MESTRE. Oltre alla calamità, Venezia chiede al governo di attivare lo stato di emergenza dopo gli allagamenti che hanno colpito la terraferma il 26 settembre scorso. Sarà il prefetto Guido Nardone a farsi promotore presso la Presidenza del Consiglio dei ministri della richiesta che permette di richiedere ingenti fondi per far fronte ai danni, ingentissimi. Da una prima, ancora sommaria, stima nel Comune di Venezia l'acqua ha provocato danni per almeno 25 milioni di euro a beni privati e pubblici.

Altri 15 milioni di euro di danni sono stimati dalla Provincia. Dati ancora per difetto, mancano quelli delle opere pubbliche danneggiate a Mira, Campagna Lupia, Camponogara e Spinea. Il conto potrebbe salire a 50 milioni di euro. Ma la cautela è massima al momento. «Conteggiando i danni ai privati ed alle opere pubbliche, la cui stima è ancora in corso, a Venezia si arriva ad un conto che varia dai 25 ai 26 milioni di euro», spiega il capo di gabinetto del sindaco Maurizio Calligaro. «Quindi la richiesta di una procedura emergenziale è necessaria per avere la certezza delle risorse». Il solo stato di calamità naturale non garantisce l'arrivo di milioni di euro per i risarcimenti alla popolazione. Lo scorso anno, a Venezia furono attivati fondi per 900 mila euro a fronte di danni alle strutture pubbliche e dei consorzi per 4 milioni di euro. Una simile situazione non si deve ripetere oggi che gli allagamenti hanno provocato danni ben peggiori del 2006. La decisione di richiedere lo stato di emergenza è stata presa ieri nel vertice in Prefettura presieduto da Guido Nardone a cui hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, Maurizio Calligaro, il dirigente dei Lavori Pubblici della Regione Mariano Carraro probabile nuovo commissario per l'emergenza e ancora, l'assessore provinciale all'Ambiente Ezio Da Villa, i rappresentanti dei Consorzi di bonifica e del Magistrato alle Acque. «Servono interventi strutturali per creare un sistema di prevenzione contro eventi come quelli della scorsa settimana», spiega il capo di gabinetto del prefetto, Pietro Signorello. Un accordo tra Comune di Venezia, Provincia e Regione ha preso vita per richiedere oltre allo stato di emergenza anche la nomina di un commissario ad acta, individuato nella persona di Mariano Carraro, e di due sub-commissari, uno per il Comune e l'altro per la Provincia. Solo un commissario, ha ribadito Cacciari, può permettere di attivare quegli interventi che servono a prevenire nuovi allagamenti. Man forte arriva da Da Villa, secondo cui il commissario deve superare «il caos burocratico e gli anni di ritardi per le opere di sistema, non più rinviabili». La Provincia ha consegnato al Prefetto anche una relazione, già inserita nel piano rifiuti ed ora aggiornata nel Ptcp in cui si denunciano i mali di un territorio dalla «forma di catino», di un sistema della bonifica «vetusto» con «la quasi completa assenza e carenza di impianti di telecontrollo e telecomando di idrovore e manufatti di regolazione». Il prefetto Nardone, che oggi potrebbe volare a Roma, si è fatto - spiegano dalla Prefettura - «immediatamente relatore e sostenitore di queste richieste al governo». Già venerdì, nella riunione del Consiglio dei ministri potrebbe esser prese le prime, attese, decisioni a favore dell'emergenza in terraferma. Tra gli enti locali c'è stato accordo non solo sulla necessità di un commissario, ribadita con nuova forza da Massimo Cacciari, ma anche sulla necessità di riuscire a risarcire ai cittadini allagati, non solo i beni mobili registrati e quelli immobili ma anche lavatrici, frigoriferi ed altri elettrodomestici di casa che l'acqua miste alle fogne ha mandato fuori uso. Con l'arrivo di finanziamenti, il Comune potrà metter in moto la macchina dei risarcimenti. Nessun allarme, infine, per le acque dell'area industriale allagata, ha ribadito il Magistrato alle acque. Ma il sistema anche qui è inadeguato, come le pompe di Marghera, che è rimasta sott'acqua per due giorni.

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