I segreti di nonna Prima Brentel, 106 anni «Pasta, lavoro e grappa prima di dormire»

la storia
Il segreto della longevità? «La pastasciutta a pranzo, la preghiera costante e tanto lavoro». Nonna Prima Brentel abita in una villetta di via Praello, in mezzo al verde. Ieri ha compiuto 106 anni (è la più longeva che il territorio abbia mai avuto) vissuti tutti d’un fiato, e si comporta come fosse la cosa più normale al mondo essere nata nel 1913 e camminare da sola, senza bastone, senza nessuno che le porga un braccio. Ma questa è solo una delle tantissime cose che la rendono speciale. Nonna Prima vive sola. Non ha badante né dama di compagnia. Figlio e nuora risiedono in un appartamento al piano superiore, le fanno visita costantemente, la coccolano e le preparano colazione, pranzo e cena, ma per il resto lei fa tutto da sola. Comprese le scale. Mai avuto un raffreddore, mai preso l’influenza, non porta gli occhiali da vista e infila ago e filo in due secondi: aggiusta pantaloni, rammenda, lavora a maglia. Ultima di 14 fratelli, sua madre la partorì a 52 anni e la chiamò Prima. «Mi alzo sulle otto e mezza del mattino» racconta con la sua parlantina veloce, «faccio colazione con il latte, lo yogurt o la banana e i biscotti». A mezzogiorno sempre un primo, preferibilmente la pasta. Carne poca. A cena tanta verdura, cotta e cruda, formaggio, minestra. Il punto è che di pasta ben condita, per anni ne ha mangiata anche tre etti ogni giorno, una terrina solo per lei. Adesso le dosi sono un po’diminuite. Va pazza anche per pane e latte, o la polenta “abbrustolita”. A pranzo e cena un bicchiere di vino, prima di dormire una grappa a 50 gradi. Qualche settimana fa ha testato gli gnocchi della sagra. E se il bioritmo degli anziani li porta a dormire poco, non vale per nonna Prima. «Vado a letto sulle nove e mi alzo alle otto e mezza del giorno dopo» racconta «faccio tutto un dritto, non mi sveglio mai».
Nella vita ha lavorato tantissimo. Ricordi vividi: «Prima nei campi a Zuccarello, a raccogliere barbabietole. Quanto lavoro, quanta fatica e quanto fango, eravamo come gli uomini. Quando ho iniziato a fare l’amore e mi sono sposata, non c’era la casa e non avevo intenzione di stare con le cinque cognate, così sono andata a servizio a Venezia, potrei ancora ritrovare la casa esatta dove lavoravo, dopo il ponte delle Guglie».
Con quei soldi ha aiutato il marito, operaio allo stabilimento San Marco di Marghera, a costruire il loro nido. «Andavo tutti i giorni in bici a Venezia, pur di lavorare» dice fiera. Ieri a casa sua era pieno di amici, parenti, autorità. Prima aspetta tutti con gioia, tra pasticcini, dolci e battute. Ha un cellulare e un grande hobby, le carte. Tre volte la settimana la sua casa si riempie di amiche con venti-trent’anni meno di lei: gioca a “bestia” puntando soldi. Pochini, ma quanto basta per mettere un po’ di pepe nel gioco. Infine l’ingrediente principale della sua quotidianità oltre all’amore e l’affetto dei figli: la preghiera. «Prego sempre, al mattino ascolto la messa a letto, poi dico tanti rosari, ogni momento libero. Ce li ho sempre in bocca». Santi preferiti? «Prego sant’Antonio e padre Pio. Ma sono legata soprattutto a padre Pio, una ventina di anni fa sono andata a trovarlo e a vedere casa sua». Lunedì sera super festa con nipoti e pronipoti, 29 invitati nella pizzeria Tiramisù di Marcon. Acciacchi? «Le medicine le lascio ai farmacisti» sorride ironica. Il medico lo vede, ma solo una volta l’anno, quando viene farle gli auguri. —
Marta Artico
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